Al rientro dai festeggiamenti e dai selfie del Vinitaly, Luca Zaia si trova a degustare un amaro calice: la sentenza della Corte Costituzionale che rigetta il terzo mandato per il collega campano Vincenzo De Luca è il colpo di grazia per chi sperava di continuare a governare il Veneto (che, in realtà, sarebbe la quarta esperienza).
Una doccia fredda, ma non certo inaspettata. «Me lo aspettavo», confida a chi gli è accanto. Che si tratti di scaramanzia o di un velato sospetto riguardo a un’interpretazione ad hoc da parte dei giudici, il presidente della Lega aveva già manifestato le sue aspettative poco rosee rispetto a Roma. E, in fondo, questo stop è utile ad entrambe le fazioni in una delicata opera di smistamento di governatori considerati “ingombranti”. Ma non si può non ridere di queste coincidenze. È come se un investigatore privato si lamentasse di non poter più lavorare perché la legge gli impedisce di mangiare i biscotti lasciati sul tavolo.
Politica o Ingiustizia?
Subito però, per evitare possibili malintesi, il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, si affretta a mettere le mani avanti: «Per noi rimane la questione politica: il Veneto deve rimanere alla Lega». E chissà cosa penseranno gli alleati; un po’ come essere l’unico al party a non sapere che il gioco è a squadre.
In un tentativo di assumere una posizione più meditata, Zaia evita dichiarazioni avventate, ma il suo pensiero emerge affilato come una lama. Secondo il Doge, è chiaro che dietro certe normative si annidano «motivazioni politiche». Chi non lo può dire? Questa interpretazione sembra essere l’unico strumento per mantenere a bada alcuni candidati, quasi come mettere un bavaglio a chi potrebbe rivelarsi scomodo.
Curioso notare, inoltre, che Zaia non capisce perché certi ruoli — come quelli di parlamentari e ministri — non abbiano limiti di mandato mentre altri — come governatori e sindaci — sì. Queste incongruenze sono «un insulto all’intelligenza dei cittadini», secondo il suo ragionamento; e ha proprio ragione. Limitare il potere solo a chi richiede una cabina elettorale sembra una mossa sciocca, considerando che in alcuni casi neanche un solo mandato basta per scoprire l’incompetenze di alcuni amministratori. In questo modo, la giustificazione dell’inefficienza scompare, di nuovo, sotto il tappeto della burocrazia.
L’immobilismo del sistema
«È la prova che il tema del potere non ha nulla a che vedere con il limite dei mandati», conclude la nota di Zaia. E così siamo di fronte all’ennesima manovra strumentale, un bel balletto di parole che, purtroppo, non danza mai sul palco della realtà. Qui, ci si aspetterebbe almeno una sostanza, non una buffonata degna di un teatro di marionette.
Cosa ci sarebbe da fare, quindi? Forse bisognerebbe ridefinire il concetto di limiti di mandato per tutti, o implementare un sistema che premi l’efficienza anziché la mera presenza. Ma, come sempre, il rischio di una soluzione valida resta in stand-by, in attesa che qualcuno decida di ispirarsi a modelli più funzionali, magari quelli di paesi che riescono a guadagnare qualche punto di efficienza nella macchina statale.
Il paradosso è che, mentre vengano partoriti piani ambiziosi, sembra che la loro attuazione sia archiviata in un cassetto polveroso, un po’ come quei regali di compleanno che ci si ripromette di riutilizzare. Quindi, benvenuti nel regno di promesse non mantenute, dove l’unico limite rimane la tolleranza dei cittadini nei confronti di una politica che gioca a nascondino.La verità è che ci troviamo di fronte a un sistema ipocrita che definisce questo Paese. Al di là del comunicato emesso dalla Corte, ci aspetta il dispositivo definitivo per comprendere l’effettiva portata della sentenza. Da quanto emerge, pare che i giudici abbiano implicitamente dichiarato incostituzionale anche la legge del Veneto del 2012, mettendo così in discussione la candidatura di Zaia nel 2020.
Un mandato in sospeso?
Se davvero la questione del nuovo mandato è chiusa, sul tavolo restano due nodi da sbrogliare. Il primo è capire quando terminerà l’attuale esperienza. Salvini ha espresso il desiderio di una proroga fino alla primavera prossima, per permettere a Zaia di inaugurare le Olimpiadi di Milano-Cortina. Ma, come spesso accade, ci sono contrasti normativi che sembrano ostacolarne la realizzazione. Potremmo quindi dire che più che promesse, ci siano solo illusioni.
Il futuro del Doge
Il secondo nodo riguarda il futuro del “Doge”. Strano appellativo, ma pare possa rappresentare il candidato ideale a sindaco di Venezia. Tuttavia, se la Lega rivendica la Regione, è difficile che Fratelli d’Italia (FdI) permetta a un leghista di prendersi anche il capoluogo. E così, si torna nuovamente a esplorare altre opzioni, magari nella non tanto amata Roma.
Se questo è il quadro, ci si potrebbe chiedere: dove sono finite le promesse di cooperazione e unità? Invece di una visione chiara e condivisa, ci ritroviamo con giochi di potere che trasformano la politica in un palcoscenico, dove tutti recitano la loro parte, ma con dialoghi poco convincenti.
E per chiudere questo cerchio di ambiguità, quali soluzioni possibili? Forse una riforma che riduca la complessità legislativa e restituisca chiarezza? O forse una generazione di leader capaci di agire e non solo di parlare? La visione futuristica sembra lontana, mentre i nodi politici rimangono annodati in un eterno compromesso. Ma chissà, la teoria sembra sempre più interessante della pratica.