Widmann svela il doppio gioco: nel 2018 il partito gestiva due comitati elettorali e nessuno lo sapeva

Widmann svela il doppio gioco: nel 2018 il partito gestiva due comitati elettorali e nessuno lo sapeva

L’immancabile teatro della politica locale si arricchisce di un nuovo, brillante capitolo: la SVP, quel partito che ama definirsi serio e trasparente, ha avuto non uno, ma ben due comitati elettorali. Davvero originale come strategia, non trovate? Il primo, ufficiale e bellamente marchiato SVP, si occupava delle faccende istituzionali; il secondo, molto più al passo con i tempi, era composto da privati cittadini, tra i quali spiccava il commercialista bolzanino Heinz Peter Hager, che si dilettavano a raccogliere fondi per coprire le spese elettorali. Insomma, una multifunzionalità da manuale di politica “trasparente”.

Il palcoscenico di questa duplice teatralitĂ  è il racconto del consigliere provinciale Thomas Widmann, che con squisita puntualitĂ  ha svelato questa veritĂ  sconvolgente al pubblico divertito. Va detto che Widmann oggi rappresenta la propria lista “FĂĽr SĂĽdtirol mit Widmann”, ma nel 2018 era il cartolaio ufficiale della campagna elettorale della stessa Volkspartei. Beh, chi meglio di lui per raccontare come si muove il sottobosco elettorale?

La scena del misfatto? La Commissione d’inchiesta “Signa – donazioni”, gloriosa istituzione del consiglio provinciale dedicata a “indagare il gruppo Signa e Heinz Peter Hager, l’influenza dei privati e dell’imprenditoria sulle decisioni politiche e le donazioni connesse alla SVP“. Un soggetto che, tutto sommato, sembra un’ottima idea per rendere un po’ meno fumoso il sistema di finanziamento politico locale, anche se gli spettacoli visti finora fanno pensare piĂą a un circo che a un’inchiesta seria.

Il presidente della Commissione, Andreas Colli (del partito “Noi Cittadini”, perché evidentemente bisogna credere ancora nei miracoli civici), ha tenuto a spiegare che l’audizione di Widmann è stata così dettagliata e lunga — ben 90 minuti, mica bruscolini — che ha messo a dura prova la pazienza dei presenti, superando di gran lunga l’ora prevista. Un simile impegno per scoprire un “doppio comitato elettorale”, una rivelazione che farebbe temere per la tenuta morale del sistema politico, o almeno per quella del campionario di paradossi che lo accompagnano.

Naturalmente, la carrellata di udienze continua con la programmazione dei prossimi spettacoli giudiziari: tre ospiti sono giĂ  stati invitati per il 26 agosto, e in base ai loro monologhi verranno decise le successive chiamate del 23 settembre. Questo metodo infallibile garantisce che il pubblico rimanga sospeso in attesa, inevitabilmente avvinto dalla suspense di scoprire se davvero ci saranno novitĂ  o se tutto si risolverĂ  in una pantomima tragicomica.

Lo scenario del doppio comitato: un “dettaglio” da non sottovalutare

Il buon Widmann ha sviscerato la vicenda con la precisione di un orologio svizzero, prendendo posizioni su ogni richiesta e problema emerso. E qui la retorica si fa gustosa: un “doppio comitato elettorale” che, con l’aria di chi sta facendo un favore alla trasparenza, in realtà si limita ad ammettere che la politica locale è un mix di giochi di prestigio, porte girevoli e trasparenze selettive. Del resto, ci sarebbe da chiedersi: se tutto fosse così limpido come si vorrebbe far credere, perché servirebbe un secondo, parallelo comitato? Mah.

In sintesi, questo simpatico balletto fra privati cittadini di facciata e politici di professione solleva una domanda cruciale: quanto è credibile una politica che combatte con tanto ardore una presunta influenza indebita, mentre allo stesso tempo accetta con il sorriso un secondo comitato elettorale nascosto? Una scena da farsa, con il pubblico che, tra una risata amara e l’altra, si chiede se il prossimo atto sarà alquanto meno grottesco o se questa tradizione del doppio gioco diventerà il motto ufficiale della provincia.

«Contatti di Heinz Peter Hager con la politica fino ad oggi? Una trama degna di un romanzo giallo», riferisce con quel tocco di imbarazzante serietà il presidente della commissione Colli. E come ciliegina sulla torta, ci ricorda che gli inviti ufficiali all’audizione di ieri erano ben tre. Peccato che né Stefan Premstaller né Patrick Bergmeister si siano degnati di presentarsi. Il primo, con la sfacciataggine di chi cambia storia in corso d’opera, ha sostenuto che nel 2018 non era ancora segretario del partito. Il secondo, da maestro indiscusso dell’alibi, si è rifugiato dietro il solito «segreto professionale». Colpisce come queste scuse di cartone non abbiano convinto la commissione che, inflessibile, ha deciso di richiamarli entrambe. Evidentemente bisogna insistere, perché un minimo di decoro istituzionale ci vuole.

La questione chiave, spiega Colli con un candore quasi commovente, è che «i lavori in commissione non riguardano solo il 2018, ma anche tutto quello che è successo dopo, fino ad oggi». Non stiamo quindi parlando di un vecchio capitolo da archiviare, ma di una saga che si estende, come un malasorte, fino ai giorni nostri. Per quanto riguarda il famigerato segreto professionale, la sua applicazione sembra essere un affare piuttosto nebuloso: «Bisogna chiarire a chi effettivamente dovrebbe valere, solo allora potremo ‘valutarlo’ e, udite udite, ‘guardare oltre’». Tradotto: una tattica per rimandare e vedere dove tira il vento.

La montagna di documenti e il gioco delle parti

Sven Knoll, consigliere nonché intrattenitore della commedia burocratica, ha deciso di fare il regalo alla commissione: oltre 1.000 pagine di stratificata documentazione, proveniente dalle indagini della Procura antimafia di Trento. Questo prezioso malloppo è parte dell’inchiesta «Romeo», che si intreccia mirabilmente con un procedimento per diffamazione, messo in piedi da nientemeno che il presidente della Provincia Arno Kompatscher contro lo stesso Knoll e la consigliera Myriam Atz. Un classico esempio di litigio politico che aggiunge pepe alla narrazione.

Il presidente Colli, ovviamente, non può che mostrarsi saggio e prudente, dichiarando che ora si stanno facendo i conti sulla possibilità giuridica di integrare tutta questa mole di documenti nei lavori della commissione. Traduzione: più si accumula, più si può rimandare la resa dei conti.

L’inchiesta sui doni, l’impresa e la politica

La commissione d’inchiesta sulle donazioni, quella di cui tutto il Consiglio provinciale sembra parlare tra segreti e sospetti, ha un compito tanto delicato quanto arduo: «approfondire le indagini sul gruppo Signa e su Heinz-Peter Hager», almeno così recita la narrazione ufficiale. Sotto il microscopio, infatti, ci sono «l’influenza che i privati e l’imprenditoria esercitano sulle decisioni politiche» e, ciliegina amara sulla torta, le ombrose donazioni rivolte alla tanto amata SVP.

Ma non è tutto: la commissione dovrà anche sbirciare (con occhio attento e magari qualche lente d’ingrandimento) le interrelazioni tra questi doni e i vari progetti immobiliari ed edilizi di Signa e Hager. Insomma, un intreccio di affari, politica e beneficienza che fa tanto gossip da quartiere, ma che in realtà sembra disegnare una rete ben più fitta di influenze e compromessi. Il tutto mentre i protagonisti giocano a nascondino con audizioni mancate e segreti professionali, quasi fosse uno sport nazionale. Che meraviglia di democrazia partecipativa!

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