Nella chat legata a quei fatti, il protagonista è niente meno che Alberto Padovani di Fratelli d’Italia, che ha avuto la brillante idea di bollare gli oppositori come «me…de e falsi». Chapeau. Marco De Fazio del Pd non si è fatto attendere – e, con la grazia di un leone in gabbia, ha definito quelle parole «una vergogna indegna», scritte in risposta a una segnalazione del suo stesso collega leghista Andrea Iacono. Ma non finisce qui: la frase è stata ritirata, a intermittenza, solo dopo che il nostro eroe ha realizzato di essere finito nella chat sbagliata, quella dei capigruppo. Un dettaglio da niente, se non fosse che tutto questo scivolone svela la grande strategia della sua maggioranza “scalcinata”: mettere a tacere tutto ciò che non funziona, seppellendo ogni critica sotto montagne di retorica anti-amministrazione. E così tutto rimane immobile, un acquario di silenzio complice e divisioni.
Le gaffe non finiscono mai
Come ciliegina sulla torta di questo spettacolo di diplomazia di bassa lega, De Fazio ricorda che non è la prima volta che Padovani fa strabuzzare gli occhi: appena qualche giorno fa infatti, il protagonista si era già scusato con gli organizzatori della festa di quartiere per un intervento goffo e maldestro in merito alle violenze di strada. Il Pd – che ovviamente chiede indagini approfondite – è di parte, ma non è che si possa dargli completamente torto su questo punto.
E come risponde il nostro paladino della chiarezza, Padovani? In perfetto stile “meglio scusarsi che essere colti sul fatto”, dichiara: «Per la frase nella chat – ci tengo a precisare – mi sono subito scusato con la capogruppo della Lista Tommasi». Un gesto di grande umiltà, se non fosse che arriva a danno fatto, e dopo un mare di polemiche inutili che più che altro evidenziano la debolezza di chi dovrebbe amministrare con un minimo di decoro.
Ah, la solita magia delle dichiarazioni travisate. Non è vero, vi dico, che abbia dovuto chinarmi davanti agli organizzatori della festa. Anzi, ho subito preso la parola con comunicati ufficiali e telefonate, chiarendo che, se proprio dovessimo cercare il colpevole, la sagra era lei stessa la parte lesa in tutta questa entusiasmante sceneggiata.
Andando al sodo, ribadisco con tutta la calma del mondo che attribuirmi frasi mai pronunciate — per poi etichettarle come “penose”, per giunta — rimane un comportamento di cui potremmo discutere della decenza, ma che io, personalmente, definisco con un termine godibilmente spregiativo. Inoltre, non dimentichiamo che questa gestualità rischia anche di finire davanti a un giudice, poiché calunnia è un reato che piace pochissimo, soprattutto a chi lo subisce.
Forse, però, il vero guizzo di isteria è riservato proprio a chi avverte il conto alla rovescia della propria carriera amministrativa, con scadenza fissata per il felice 2027. Guardate che è un pensiero che rovina le nottate, eh.