Nelle stesse ore in cui la Fondazione Gimbe ci ricorda, con quella simpatia tutta sua, che a un anno dal «Decreto Liste d’attesa»—quello che teoricamente avrebbe dovuto risolvere tutto—il 62% degli italiani rinuncia almeno a un esame diagnostico perché i tempi sono “intollerabili”, e il 44% decide saggiamente di sborsare per strada in privato, Luca Zaia, governatore del Veneto, gongola tornando a tappare la bocca ai critici con un resoconto da applausi.
Secondo il lustrissimo report partorito dalla Regione, dal maggio 2023 al dicembre 2024 le prestazioni ambulatoriali con priorità «B» sulla ricetta—quelle «brevi», da garantire entro 10 giorni—“si sono azzerate” (sembrerebbe una magia) e la situazione rimane tale fino al 31 maggio di quest’anno. Le lungimiranti «D» («Differite», da erogare entro 30 giorni) sono crollate da 82.811 a un insignificante 2.201, per una diminuzione a dir poco titanica del 94%. Le «P» («Programmabili», da consegnare entro 60/90 giorni) sono calate da 74.489 a 5.304, un impressionante -97%.
Riassumendo per chi non ha la calcolatrice a portata di mano: da maggio 2023 a maggio 2025 le liste d’attesa sono quasi sparite come per incanto. Incredibile, vero?
Luca Zaia si produce quindi nel classico esercizio di stile, spiegando con sottile ironia:
«Abbiamo raggiunto l’obiettivo nonostante partissimo dalle 500mila prestazioni ferme dall’epoca Covid, la costante crescita dell’offerta di esami di alta tecnologia cui è seguito un aumento delle richieste fino al 25%, gli effetti della medicina difensiva opposta dai camici bianchi al pericolo di contenziosi, una quota di prescrizioni improprie e la carenza di 3.500 specialisti.»
Insomma, un miracolo tutto veneto che non tiene conto del fatto che nel 2024, tra 212 concorsi lanciati da Azienda Zero per reclutare 746 medici, le assunzioni concluse sono state—udite udite—solo 184. Eppure, il «fenomeno del galleggiamento» è quasi sparito, racconta tranquillamente il governatore.
Per i profani, tutte le visite ed esami in galleggiamento sono quelle per cui i Centri Unici di Prenotazione (come pugili suonati) non riescono ancora a fissare un appuntamento: troppo pieni gli ambulatori pubblici, troppo esigenti quelli privati accreditati. Quindi cosa fanno? Si riservano di richiamare il povero paziente appena si libera un buco, come se fosse un invito a cena con lo zio che rinvia sempre.