Il centro-destra è in fermento, per non dire in crisi, nel tentativo di trovare un candidato unitario. La Lega, capitanata da un Salvini sempre in cerca di gloria, vuole mettere il nome di Zaia in cima al suo simbolo, come se fosse il Santo Graal della politica. Ma quando si tratta di alleanze… beh, le cose non sono mai così semplici.
La trattativa per decidere quale partito potrà esprimere il presidente della Regione è roba da film d’azione a basso costo, ma quella per le liste che supporteranno la coalizione di centrodestra è una vera e propria soap opera. E indovinate chi occupa il centro della scena? Sì, proprio lui, Zaia, un nome che sembra avere un potere di attrazione incredibile, nonostante gli alleati sembrino preferire altro. La Lega è convinta di poter imporre il suo simbolo, ignorando che la situazione si sta complicando sempre di più.
La questione della civica, per la quale il Carroccio non sembra voler rinunciare, rappresenta un campo minato. Fratelli d’Italia riesce a mantenere un sorriso, ma dentro diventa sempre più difficile ingoiare i continui tentativi della Lega di forzare la situazione. I meloniani hanno chiarito che la Lista Zaia non sarà accettata: un chiaro no, ma vedremo se questo porterà a scontri aperti. Sì, perché quando si tratta di schierare le proprie truppe, la Lega vorrebbe un nome slabbrato sul suo vessillo, ma i suoi alleati non sembrano entusiasti di questo piano.
Passando al parere di Fratelli d’Italia e Forza Italia, Luca De Carlo è stato piuttosto chiaro: “Io mi occupo della lista di FdI e al massimo della ‘lista del presidente’, se il presidente sarà di FdI.” Tradotto: chi se ne frega di quello che farà la Lega. Flavio Tosi, dal canto suo, ha messo in chiaro che “è la coalizione a decidere”, ma, evidentemente, il ‘decidere’ non include il giocattolino di Zaia.
Insomma, la strategia della Lega di stampigliare Zaia sul suo simbolo è un atto disperato, quasi un tentativo di salvarsi la faccia da parte di un partito a corto di idee. Certo, la logica di utilizzare il nome di un ex governatore funziona nelle comunali, ma non è così che funziona in un contesto come quello attuale. Vedremo se Zaia avrà il coraggio di affrontare i suoi alleati o se preferirà restare in silenzio, sperando che la tempesta passi. Resta da capire, in fondo, se la sua presenza sulla scheda sarà un vantaggio o solo una patata bollente.
Un nome vincente? Oh, che tema affascinante! È come cercare di capire perché il Veneto abbia finalmente deciso di smuoversi dopo decenni di stagnazione con soli due presidenti a far da dominatori incontrastati. Parliamo di una situazione unica in Italia, dove Paolo Graziano, professore di Scienza Politica all’Università di Padova, si avventura in affermazioni strabilianti. Già, perché, ci racconta, Zaia è il leader super-eroe della Lega in Veneto, capace di produrre un risultato da capogiro nel 2020, con oltre il 76%. Evidentemente, la Lega sa come governare… almeno finora. Strano, vero, che ci si concentri su un simbolo mentre i risultati parlano? Il buon professor Graziano ci tiene a sottolineare quanto sia importante mantenere un legame con il simbolo del suo partito, ma ci aspettiamo anche che i baffi di Zaia siano l’unico valore aggiunto!
In ogni caso, nei locali del Carroccio, il motto è chiaro: «non molliamo la poltrona senza combattere!» Se non siamo in un film d’azione, ci siamo molto vicini. La proposta di rimpiazzare il nome di Salvini con quello di Zaia continua a gonfiarsi: “Il nome di Salvini non è sempre vincente, anche al Nord, quello di Zaia sì”, dice il politologo. Insomma, la lotta intestina è già cominciata!
Ma entriamo nel merito: il toto-nomi. Per chi non lo sapesse, la corsa per la candidatura nel centrodestra è ridotta a un duello tra Lega e FdI. Se dovessero scegliere un candidato da un partito, l’altro dovrà accontentarsi di un illustre pacchetto di assessori (e spingere Forza Italia a condividere, ovviamente). I nomi che circolano? Alberto Stefani per la Lega e Raffaele Speranzon per i Fratelli d’Italia. Ma la realtà è che non c’è ancora un vertice decisivo fissato, quindi, come giocosamente si usa dire, vuota una bottiglia di vino e aspetta!
Il prossimo presidente può trovarsi inesperitamente a essere “in minoranza” nella sua maggioranza. Un concetto così contraddittorio che ci fa venire voglia di ridere. Immaginate un presidente con il proprio partito in difficoltà di rappresentanza rispetto agli altri! Fino ad ora, la storia diceva che Galan ha governato per tre mandati con il supporto di una Forza Italia predominante, e che Zaia ha fatto la stessa cosa con il Carroccio. Ma ecco che i numeri delle elezioni recenti prospettano il FdI come il partito che potrebbe avere il sopravvento, che scenario interessante e imprevedibile, giusto?
“Il presidente, per la prima volta, potrebbe trovarsi in una posizione di debolezza”, afferma Graziano. Sì, perché un presidente che deve continui trattare e negoziare con i partiti di maggioranza sarebbe una vera e propria novità nel panorama politico, e non stiamo parlando di un reality show. Se il centrodestra non riesce a replicare il miracolo del 2020, chissà che meravigliose convivenze legislative ci riserveranno i prossimi cinque anni. La giunta potrebbe dover rinunciare alla sua agenda prepotente… non sarebbe un’idea affascinante! Come dare dall’alto il dito medio all’attuazione di qualsiasi progetto. D’altra parte, la giunta oggi ha sette assessori leghisti su otto, quindi c’è molto spazio per dinamiche nuove e “delicate”!
Ma certo, il professor Graziano non esclude affatto che la lista Zaia possa continuare a esistere. «“Con quella in campo, i rapporti di forza non sarebbero così netti.” Suona come un avvertimento, non è vero? Siamo curiosi di vedere con quale tenacia Zaia affronterà questa nuova sfida. Insomma, questi trent’anni di regno in Veneto stanno per concludersi, qualcuno ha voglia di festeggiare? Magari con un bel brindisi alle incertezze politiche del futuro!


