Le premesse non erano affatto favorevoli, possiamo dirlo. Trump che si dedica a un «programma di deportazioni di massa» dei migranti, mentre il cattolico Vance si sforza di giustificarlo citando Sant’Agostino – senza nemmeno rendersi conto che il grande filosofo cristiano, battezzato da Ambrogio a Milano nella Pasqua del 386, proveniva da Tagaste, oggi Suq-Ahras, in Algeria – e l’amministrazione americana, per completare il quadro, decide di tagliare i fondi all’agenzia per lo sviluppo internazionale, affossando, così, le poche ong cattoliche rimaste attive nel mondo. E che dire del vicepresidente che si rifiuta di vedere il problema, accusando i vescovi di protestare per avidità e di intascare fondi «per aiutare a reinsediare gli immigrati illegali»?
Perfino Timothy Dolan, il cardinale conservatore di New York che ha avuto l’onore di condurre la preghiera all’inizio della cerimonia di insediamento di Trump, non ha reagito bene: «È un’affermazione scurrile, molto cattiva e non vera» ha detto con un tono che sembrava quasi… sorpreso.
Ma come si è potuti arrivare a un dialogo che, tutto sommato, possiamo definire «cordiale» tra Vance e il Segretario di Stato Pietro Parolin sabato scorso? E come è stato possibile che Francesco, la mattina di Pasqua, abbia concesso un incontro privato all’ex baby Catholic, convertitosi nel 2019? La risposta si cela nell’ultima frase della nota vaticana emessa dopo l’incontro di sabato con il cardinale Parolin: «Si è auspicata una serena collaborazione tra lo Stato e la Chiesa cattolica negli Stati Uniti, di cui è stato riconosciuto il prezioso servizio».
Dietro queste parole di circostanza si nasconde la regola aurea della diplomazia vaticana. Loris Capovilla, segretario di Giovanni XXIII e poi diventato cardinale, raccontava di come, quando Fidel Castro assunse il potere a Cuba, nei primi mesi del 1959, erano in fuga missionari e suore, e il Papa era inconsolabile, non a causa della rivoluzione ma per il suo accorato ammonimento: «non si scappa, non si scappa mai: mai si interrompe il dialogo».
Ah, i rapporti diplomatici, quel fantastico gioco di specchi in cui tutti si sorridono mentre si pugnalano alle spalle. Una verità universale, valida in qualsiasi circostanza. E in particolare nei confronti di un Paese che ha avuto la consistenza emotiva di una soap opera, ovvero gli Stati Uniti, dove la critica a Bergoglio è stata una costante sin dal suo insediamento. Peccato che, nonostante tutto, i legami siano sorprendentemente tenaci.
L’arrivo di Vance potrebbe essere scambiato per una rarità: l’inizio di una riappacificazione. Ma per il Papa non si tratta di mera politica, bensì di Vangelo. Eccomi qui, pronto a richiamare la famosa parabola del buon Samaritano, che illumina le menti con la sua splendida idea di una “fratellanza aperta a tutti, senza eccezioni”. Un concetto che, peraltro, ha molto a che fare con il quotidiano dei vescovi americani, come sottolineato da Francesco nel suo messaggio del 10 febbraio.
Ma aspettate, c’è altro! Il cardinal Pietro Parolin, il maestro di cerimonie diplomatiche, non perde occasione per parlarci di quella terribile crisi del multilateralismo. Chi lo avrebbe mai detto? Evidentemente il suo spot preferito è: “Guardate, ci stiamo avviando verso un mondo multipolare, ora ci sono tanti centri di potere!”.
Ma chi se ne frega delle nuove realtà nazionali? Secondo il cardinal Parolin, l’assenza di un impegno serio per adattarsi a questo nuovo paesaggio mondiale è l’unica causa della nostra insoddisfazione. E ogni volta che sento parlare di riforma dell’ONU e del consiglio di sicurezza, mi sembra che siamo tutti in attesa del Black Friday e invece ci ritroviamo con un “se lo compri ora, te lo regalo”!
In definitiva, tutto ruota attorno alla volontà degli Stati, soprattutto delle grandi potenze. Ma chi ci sta prestando attenzione? La diplomazia vaticana martella il concetto che l’affermazione della legge del più forte è deleteria per tutti. E, credetemi, se la regola del “pacta sunt servanda” non vale più nulla, come possiamo sperare di avere rapporti giusti e pacifici tra gli uomini? Ci sarà un senso? Solo una bella e sonora risata ci aspetta, mentre assistiamo alla commedia dell’assurdo