Unindustria ci racconta come salvare la manifattura con infrastrutture mirabolanti e la solita diversificazione del territorio

Unindustria ci racconta come salvare la manifattura con infrastrutture mirabolanti e la solita diversificazione del territorio

Nel frattempo, si paventa l’idea di puntare su una mobilità sostenibile. Ovvero, guardare con occhi sognanti a quella che dovrebbe essere una rivoluzione green. Ma tranquilli, niente di troppo sconvolgente: giusto un diversificare verso “settori emergenti e trainanti”. Perché, si sa, basta menzionare le parole giuste e sembrare al passo coi tempi. Che poi si traduca davvero in qualcosa di concreto? Beh, questa è un’altra questione da bellissima retorica politica.

Altro piano geniale è mantenere le competenze umane (e quale sarebbe il contrario? Farle sparire nel nulla?). Ma soprattutto, sviluppare ancora di più queste competenze tramite i gloriosi “programmi formativi appropriati”. Sì, quei programmi che quasi sempre navigano nel limbo dei buoni propositi e della rinnovata burocrazia da puzzle infernale.

L’eterno ciclo della “difesa” e della “promozione”

Ora, ammettiamolo: difendere il settore manifatturiero non è solo una bella frase da campagna elettorale. È anche un modo infallibile per non spostare mai di un centimetro quella zavorra che rallenta tutto il sistema produttivo italiano. Nel frattempo, chi osa proporre innovazioni reali viene assimilato a un pericoloso visionario. Viva la coerenza, o almeno quella presunta tale.

La mobilità sostenibile, poi… potremmo parlarne ore. In teoria un passo verso un futuro più pulito, ma in pratica più un eterno teatrino di scartoffie, tavoli di lavoro e finanziamenti che si perdono nella nebbia dei dipartimenti pubblici. Insomma, ben venga la diversificazione, purché resti nei limiti rassicuranti del business as usual, che tanto nessuno ama mettere veramente le mani nel cambiamento.

Il vero genio sta nella narrazione: mantenere le competenze, svilupparle, ma senza mai rivoluzionare il modo in cui le imprese affrontano la trasformazione digitale o energetica. Magari tenendo qualche workshop o seminario, sembrando così di aver fatto tutto il possibile per non fare semplicemente nulla.

Il teatrino della formazione: promessa eterna

La formazione, categoria magica che risolve tutti i problemi, almeno sulla carta. Si sbandiera da decenni come la panacea per la crisi del manifatturiero e come arma segreta per la competitività futura. Peccato che in molti casi questa formazione sia slegata dalla realtà, ancorata a modelli ormai datati e proposta con la solita solfa dei finanziamenti pubblici a pioggia, spesso mal distribuiti, poco efficaci e con risultati discutibili.

Insomma, una gigantesca girandola di buone intenzioni e zero coraggio per fare ciò che veramente serve: rimettere in discussione le dinamiche produttive, aprire gli occhi alle innovazioni disruptive e smettere di invocare un futuro migliore che non si concretizza mai perché… beh, “siamo sempre stati così, perché cambiare proprio adesso?”

Sarebbe bello, in conclusione, se invece di altisonanti dichiarazioni e faticose sovrastrutture si cominciasse davvero, ma davvero, a prendere di petto i problemi. Promuovere una vera rivoluzione culturale e industriale con meno parole e più fatti. Perché in un’epoca in cui il mondo corre, fermarsi a guardare e dire “difendiamo ciò che c’è” rischia solo di diventare la più ridicola forma di protezionismo passivo e conservatore.

Siamo SEMPRE qui ad ascoltarvi.

Vuoi segnalarci qualcosa? CONTATTACI.

Aspettiamo i vostri commenti sul GRUPPO DI TELEGRAM!