Nel teatrino bancario tutto italiano, Unicredit decide di lanciare un’ops (offerta pubblica di scambio), ma da Piazza Meda arriva una reazione che fa gelare il sangue: nessun entusiasmo, solo un’elegante alzata di sopracciglio, come a dire “che sollievo!”. Nonostante la richiesta rivolta alla Consob per una sospensiva, la risposta da Banco Bpm è quella tipica di chi ha la luna storta: un semplice “meh”, con l’aggiunta del consiglio di rivolgersi direttamente al Tar, come se stessero suggerendo di lamentarsi del caffè freddo al bar dell’angolo.
Qual è la questione, direte? Semplice: Unicredit sogna di congelare l’ops come un surgelato in attesa di tempi migliori (o magari di comunicati stampa che convincano anche il più scettico degli investitori). Da Banco Bpm, però, il silenzio si fa pesante, come un’assenza prolungata di un amico in una chat di gruppo. Si ipotizza persino un’impugnazione davanti al Tar, ma qui ci si aspetterebbe almeno un colpo di scena… e invece siamo solo a una noiosa pausa pubblicitaria.
Il confronto tra le due banche sembra più un duello al rallentatore, dove uno brandisce documenti come un vecchio samurai e l’altro si rassetta il colletto della camicia, come se dovesse partecipare a un gala piuttosto che a una battaglia bancaria. Nel frattempo, Consob osserva la scena con l’urgenza di chi aspetta l’uscita di un libro che ha già iniziato a non interessare più nessuno, chiedendosi se sia il caso di alzarsi dal divano o meno.



