Un certo numero di cittadini, provenienti da varie nazionalità, è recentemente giunto nel Cpr di Brindisi, e il governo italiano ha pensato bene di trasferirli in una struttura costruita a tale scopo. Chiamasi Gjader, in Albania, dove i migranti saranno mandati a seguire un programma di permanenza e rimpatrio. Ma si tratta davvero di una soluzione, o solo di un modo per allontanare il problema?
Un decreto che cambia le carte in tavola
La decisione di trasferimento è stata presa in seguito all’approvazione di un decreto del 28 marzo, che appare come una mossa “innovativa” nel trattamento dei richiedenti asilo. Non solo i migranti salvati in mare saranno soggetti a questo provvedimento, ma anche coloro che hanno ricevuto un decreto di espulsione da parte del questore, convalidato da un giudice attraverso la permanenza in un Cpr. Una procedura che sembra promettere di accelerare i rimpatri, ma solleva una domanda cruciale: è davvero giusta questa pratica?
Contraddizioni e lacune burocratiche
La nave della Marina Militare, partita da Brindisi poco dopo le 9, ha svelato un altro aspetto: l’urgenza di fare spazio in strutture già sovraffollate. La retorica del governo italiano appare così a tratti contraddittoria. Si parla di un trattamento “umanitario”, mentre si invocano espulsioni di massa? Nello stesso tempo, come si può giustificare l’assegnazione a un centro di rimpatrio così lontano, in un paese che non è l’Italia? Questa soluzione non rischia di compromettere i diritti fondamentali dei migranti?
Un esempio concreto di inefficienza
Prendiamo ad esempio il fatto che, mentre i migranti vengono trasferiti, molte altre nazioni europee stanno optando per politiche più inclusive e umanitarie. Altri Stati hanno trovato soluzioni che permettono di garantire asilo e integrazione: perché l’Italia non pone in atto politiche simili? È un mistero che però non sorprende, considerando i continui cambiamenti di rotta della politica migratoria, che sembrano spesso più mirati a placare l’opinione pubblica che a risolvere realmente le problematiche.
Promesse vuote e risultati scarsi
C’è il rischio che il nuovo decreto si riveli un diversivo casuale, non una reale risposta ai problemi. Promesse di semplificare il percorso per l’ottenimento di un asilo si scontrano con la dura realtà di pratiche burocratiche complesse e farraginose che scoraggiano effettivamente le persone a inoltrare le proprie richieste. Quale credibilità ha un modello così visibilmente inefficace?
Possibili soluzioni, ma con scetticismo
Forse si potrebbero considerare soluzioni più strutturali, come corsi di lingua e programmi di integrazione. E chissà, magari un più ampia collaborazione con organizzazioni internazionali per gestire le migrazioni. Ma con obiettivi così distanti tra teoria e pratica, la strada da percorrere appare lunga e tortuosa. Così, mentre il governo presenta decreti e piani grandiosi, ci si chiede: che fine fanno i diritti fondamentali e le promesse di una vera accoglienza?