Un vodcast miracolo che ci salva dal labirinto della burocrazia

Un vodcast miracolo che ci salva dal labirinto della burocrazia

Oltre 10 milioni di italiani convivono con il dolore cronico, quella fastidiosa compagna che può impiegare anni prima di farsi riconoscere come tale e ancora di più prima di ricevere una terapia decente. Ma come si potrebbe forse, in qualche universo parallelo, velocizzare almeno il tragitto dalla diagnosi al trattamento? Gli esperti impegnati nel progetto intitolato Dolore cronico – Presa in carico e appropriatezza prescrittiva tentano di rispondere con un vodcast dal titolo eloquente: “E tu, sai cosa si prova? Comprendere e affrontare il dolore cronico”. Perché, come spiega senza mezzo termine Alberto Magni, responsabile scientifico della macroarea fragilità della Società italiana di medicina generale, “il vero problema nasce quando, dopo la terapia del medico di base, alcuni pazienti non riescono a ingabbiare il dolore.” Magni ci ricorda che ci sono due facce della stessa medaglia: scovare la causa del dolore e, sorpresa sorpresa, prendersi cura del dolore come entità indipendente dalla patologia.

Ma prima che un disperato entri in un ambulatorio ministeriale, il suo primo passo è spesso il bancone della farmacia. A scoprirlo si fa un giretto nel vodcast disponibile su YouTube e Spotify. Paolo Betto, vicedirettore di Federfarma, ci illumina con numeri da stadio: 20 mila farmacie in Italia, 4 milioni di frequentatori al giorno, con una speciale predilezione per le donne, quelle che spesso giocano a fare infermiere in famiglia. Ergo, il farmacista diventa il primo baluardo di questo lungo viaggio contro il dolore. Nella sua doppia funzione, ci spiega Betto, il farmacista è prima orientatore per indirizzare verso lo specialista giusto e poi coach della terapia, ovvero quello che deve assicurarsi che il paziente non dimentichi le punture o le pastiglie.

Gian Domenico Manna, direttore medico di Sandoz, sfodera la sua saggezza: il problema non è solo una scorta di farmaci in armadietto, ma far sì che ognuno faccia il suo bravo compitino. Per Manna, una parte importante è la formazione continua di tutti gli attori sul campo, dai medici ai farmacisti, e l’informazione che deve raggiungere il paziente perché non si metta a giocare al rinvio con la richiesta di aiuto. Il messaggio è chiaro: non rimandate, altrimenti il dolore si sentirà trascurato e farà il prepotente.

Quando finalmente il paziente riesce ad infilarsi in un centro di terapia antalgica, si apre però il capitolo dell’integrazione tra ospedale e territorio, una saga che sembra presa da un libro fantasy. Magni delinea la triplice strategia imprescindibile: formazione condivisa tra medici, linguaggio comune sostenuto da strumenti digitali – per esempio quel miracoloso fascicolo sanitario elettronico, che più che miracolo sembra spesso leggenda – e comunicazione continua tra professionisti, magari con teleconsulenze che eviterebbero al povero paziente di trasformarsi in un moderno mulo da referti.

Ovviamente, la Società italiana di medicina generale non sta a guardare e ha già lanciato progetti pilota per dimostrare che, in teoria, si può fare. E qui torna il ruolo della farmacia, che potrebbe trasformarsi da semplice dispensatrice di medicinali a hub di telemedicina. Immaginate: il paziente si collega direttamente con l’ospedale dal bancone della farmacia, mentre il farmacista sta lì a fare da copilota. Fantascienza? Forse, ma almeno un’idea concreta per rendere il percorso di cura meno un percorso ad ostacoli.

Insomma, tra formazione, tecnologia e farmacisti iperattivi, il secondo episodio del vodcast “E tu, sai cosa si prova?” prova a mettere una pezza a un sistema che somiglia più a un labirinto. Per molti, sperare che il dolore cronico venga capito e affrontato non è solo questione di volontà, ma un vero e proprio tour de force che coinvolge ogni anello della catena sanitaria. Il tutto, naturalmente, mentre milioni di italiani continuano a convivere con quel fastidio che la politica e la sanità sembrano fingere di non vedere.

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