Più di 2.200 chilometri in sella, da Monaco a Londra, per dare fiato e pedalate a chi combatte contro il cancro. Questa è la fantastica missione della staffetta ciclistica ‘Country 2 Country 4 Cancer’ (C2C4C), la brillante iniziativa sponsorizzata da Bristol Myers Squibb. Giunta ormai alla dodicesima edizione, quest’anno raduna più di 95 dipendenti da ben 19 Paesi europei, tutti uniti da un fermo intento: raccogliere fondi per organizzazioni aderenti all’Union for International Cancer Control (Uicc), ovvero quei supereroi moderni in lotta col terribile mostro chiamato cancro.
Nel grande gioco della solidarietà, il team italiano, chiamato ironicamente ‘Bikers4Patients’, ha deciso di pedalare dall’8 al 10 settembre per 360 chilometri, partendo da Boudry in Svizzera e arrivando fino a Nîmes in Francia, fianco a fianco con colleghi austriaci e svizzeri. Una minaccia tutta europea, insomma, da contrastare con tanto sudore e storytelling motivazionale.
Regina Vasiliou, Vice President e General Manager di Bristol Myers Squibb Italia, ci illumina con parole colme di speranza e profondità:
“Quest’anno il nostro impegno è dedicato al progetto ‘Speranza e vita: Ogni giorno una nuova opportunità’, promosso da Tutor – Associazione tumori toracici rari Aps Ets. Non è solo un gesto caritatevole, ma un aiuto concreto per chi affronta diagnosi complesse come timoma, carcinoma timico o mesotelioma. Quando arriva una diagnosi rara e aggressiva, tutto cambia repentinamente. Questo progetto nasce per fornire strumenti lungo il percorso di cura, supportando pazienti e familiari attraverso incontri di gruppo, sostegno psicologico, mindfulness e tecniche di rilassamento. Un’iniziativa che mette la persona al centro, consapevole che la malattia non può oscurare la dignità.”
Dal canto suo, Laura Abate-Daga, presidente di Associazione tumori toracici rari Aps Ets, Tutor, si lancia in una dichiarazione densa di passione e pragmatismo:
“Queste iniziative sono un chiaro segno di vicinanza a chi deve affrontare tumori toracici rari ogni giorno. Con ‘Speranza e vita’ ci proponiamo di restituire fiducia e dignità, rendendo possibile una quotidianità anche davanti a diagnosi particolarmente complesse. Offriamo strumenti concreti non solo per combattere la malattia, ma anche il pesante carico emotivo che essa comporta, promuovendo al contempo la conoscenza di queste patologie ancora troppo sconosciute. Il sostegno di Bristol Myers Squibb e dei suoi dipendenti attraverso la C2C4C è per noi un alleato insostituibile: insieme possiamo creare una rete di consapevolezza, solidarietà e sensibilizzazione. Perché ogni gesto, ogni pedalata, ogni scelta può davvero cambiare la vita di chi si confronta quotidianamente con la malattia.”
Per chi ama la cronaca delle glorie ciclistiche corporate, va ricordato che la C2C4C non è nata ieri: è un progetto degli Stati Uniti, che dal 2014 si è trasformato in una tradizione globale per Bristol Myers Squibb, attraversando Europa, Giappone e America Latina. Se vi state chiedendo quanto entusiasmo e pedalate si siano trasformati in denaro vero, sappiate che finora sono stati donati oltre 19 milioni di dollari a livello mondiale. Tutto questo, naturalmente, senza dimenticare di immortalare il tutto su Instagram e vantarsi delle fatiche solidali.
Tra buone intenzioni e realtà del malato
Non vorremmo sembrare cinici, ma è impossibile non notare come queste manifestazioni velatamente altruistiche si trasformino in un gioco di prestigio tra marketing, beneficenza e branding personale. Pedalate per combattere il cancro? Fantastico. Ma il vero problema rimane dietro l’angolo: cure accessibili, ricerca finanziata in maniera seria e un supporto reale e costante ai malati, non solo lustrini e social media. Il progetto ‘Speranza e vita’ è una bella trovata che fa respirare un po’ di ottimismo, ma quanti fondi arrivano effettivamente alle diagnosi di tumori rari? Qual è il valore concreto per chi non può permettersi di pedalare, ma solamente sopravvivere?
L’idea di unire i dipendenti di un colosso farmaceutico in una staffetta per far girare il mondo della solidarietà ha il suo fascino. Solo che l’industria farmaceutica, a sua volta, è maestro nel trasformare la sofferenza in profitto. Non stiamo qui a negare la bontà dei progetti, ma la narrazione patinata di queste pedalate può risultare a tratti stucchevole. Il consenso sociale vuol dire anche guardare oltre il mito del volontariato aziendale e chiedersi: cosa resta veramente nelle mani di chi combatte?
Insomma, pedalate pure. Ma non dimentichiamo che la lotta contro il cancro necessita di più di buone intenzioni e staffette dai nomi accattivanti. Serve serietà, investimenti consistenti e soprattutto ascolto delle persone, non solo slogan e selfie lungo la strada verso la prossima tappa.
Ah, la classica corsa ciclistica per una causa “nobile”, dove pedalano convinti che con qualche giretto di ruota si cambierà davvero il destino di una malattia come il cancro. Dal 2016, più di 3,7 milioni di chilometri macinati in Europa, tanto per fare i numeri e darci un’aria di grande impegno. I rider, poi, hanno tutti una motivazione da far commuovere: c’è chi pedala per ricordare un caro defunto, chi per chi sta ancora lottando, e chi – bontà sua – ha sperimentato la malattia sulla propria pelle, giusto per aggiungere quel tocco di pathos che non guasta mai.
Andriana Vasiliou ci tiene a precisare – come fosse un segreto rivelato a pochi eletti – che l’impegno non si limita a trovare cure scientifiche o sviluppare terapie innovative. No, no, qui si parla di fare la differenza vera, quella che arriva fino al cuore dei pazienti, offrendo anche servizi di accompagnamento durante il percorso di cura. Bristol Myers Squibb, la grande protagonista di questa pantomima, ci tiene a sottolineare che la C2C4C non è una gara, ma una “esperienza di squadra” che prova quanto sia profondo il loro impegno verso i pazienti, i veri eroi ispiratori di questa missione che suona tanto eroica quanto mediaticamente conveniente.
In altre parole, pedalano insieme, si tengono per mano simbolicamente e si ricordano perché “fanno quello che fanno”. E quale motivazione migliore se non costruire un futuro migliore, che ovviamente passa da farmaci innovativi e da una buona dose di pubbliche relazioni? Nel frattempo, la gara coinvolge centinaia di dipendenti provenienti da oltre 30 Paesi, tutti impegnati a pedalare, allenarsi duro, raccogliere qualche soldino e farsi immortalare in salsa benefica per l’ennesima volta.
Che dire, dal debutto di questa iniziativa sono stati raccolti e donati oltre 19 milioni di dollari a organizzazioni che combattono il cancro in tutto il mondo. Per carità, una cifra non da poco. Ma non possiamo fare a meno di chiederci: questa pedalata epica sarà mai altro che un raffinato esercizio di marketing? E noi, spettatori, continueremo a applaudire convinti che ogni giro di ruota avvicini davvero la cura definitiva, o ci sveglieremo dal sogno magari in sella a una bici vera?