La flotta della Global Sumud si avvicina sempre di più alla zona più calda del loro viaggio verso Gaza, come se fosse una passeggiata al parco, mentre la portavoce della delegazione italiana, Maria Elena Delia, ci informa con tutta la calma del mondo che ha “in programma ulteriori incontri con i vertici governativi, perché quelli fatti finora sono stati… sufficienti.” E sì, ammette pure che il 4 ottobre sarà “a Roma per la manifestazione nazionale”, come a voler segnare sul calendario un evento di massima importanza. L’eroica attivista non si fa certo intimidire e ribadisce che la missione della Flotilla, impegnata a portare “aiuti umanitari” ai civili palestinesi, “prosegue senza che alcun italiano pensi minimamente di mollare.”
Parlando della celebre proposta in 20 punti dell’ex presidente americano Donald Trump, Delia si lascia andare a una sentenza degna di un giudice di prima categoria: “Non è una pace, è la chiusura di un disegno che voleva solo far riprendere a Israele il controllo della Striscia di Gaza”. Insomma, la solita arma di pace made in USA, travestita da piano perfetto, ma a quanto pare con pochi applausi palestinesi.
Delia si concede poi un tutorial storico per ricordarci che di pace ne abbiamo viste tante, alcune addirittura “accettate da Hamas”, ma nessuno è mai riuscito a capirne le sorti o la destinazione finale. “Questa proposta implicherebbe il trasferimento dei palestinesi fuori dalla Striscia e, dal mio personale punto di vista, nessuna pace dovrebbe mai vedersi come l’espulsione della popolazione dalla propria terra.” Provocatorio, ma lucido.
E per finire, la chicca degna di un thriller politico: “Quello che mi fa sorridere è che nessuno chieda ai palestinesi cosa davvero ne pensano, sono semplicemente pedine in un gioco di scacchi… e se non vogliono spostarsi, beh, gli sparano pure.” Ironia della sorte o realismà cruda? Probabilmente entrambe.



