Trento, il voto e l’arte di superare le polemiche: un’altra trovata geniale?

Trento, il voto e l’arte di superare le polemiche: un’altra trovata geniale?

Cinque anni fa, in questi stessi frangenti, eravamo intrappolati in un vero e proprio incubo chiamato pandemia. Eravamo alle prese con una realtà che sembrava uscita da un film di fantascienza, circondati da familiari e amici che combattevano contro un nemico invisibile, il Covid. Giravamo come zombie con le mascherine e rispettavamo la distanza sociale, mentre le zone colorate sembravano un’arte astratta compresa solo da pochi. Dalle finestre, come a una manifestazione improvvisata, si lanciavano slogan tipo “Andrà tutto bene”, e si cantava l’inno di Mameli con un fervore che, ammettiamolo, lasciava alquanto perplessi. E chi poteva dimenticare la paura di quel vicino di casa che tossiva? Sì, l’angoscia era diventata la nostra compagna di vita quotidiana. In questo contesto disastroso, si dovevano tenere le elezioni comunali. Ma certo, che bel modo di passare il tempo! Si decise di posticipare tutto da maggio a settembre, sperando in un improbabile ritorno alla normalità. Normale? Ma da quale pianeta? Quell’appuntamento elettorale in realtà rispecchiava il nostro nuovo modo di vivere, una rassegnazione mascherata da speranza. Così, ci presentammo ai seggi con le mascherine, obbligati al distanziamento sociale, perché si sa, la democrazia a distanza è comunque democrazia. Alla fine, vinse Franco Ianeselli, ex segretario della CGIL. Una vittoria limpida su Andrea Merler del centrodestra, in un contesto drammatico, dominato dal Coronavirus. Essere sindaco di una città che aveva pagato un alto tributo alla pandemia era un compito che avrebbe fatto tremare chiunque.

Il primo anno di governo se ne andò a gestire la pandemia e tutto il bagaglio di complicazioni che essa portava con sé. Lentamente, la città iniziò a chiudere la parentesi emergenziale. L’amministrazione di Ianeselli ebbe finalmente la possibilità di dare seguito ai suoi piani. Oggi, il sindaco uscente si presenta agli elettori chiedendo un giudizio su quanto sia stato fatto nel periodo post-Covid. E lo fa, e ci mancherebbe altro, supportato da una coalizione che, sebbene abbia perso il Patt e qualche pezzo come Bortolotti e Geat (che hanno deciso di rivaleggiare con lui), è riuscita comunque a marciare in modo compatto, almeno apparentemente. Dall’altra parte, il centrodestra non è riuscito ad offrire un’immagine unitaria, un vero esempio di “uno per tutti, tutti per uno”, che di solito riempie le pagine dei libri di storia, non invece le cronache politiche locali. Negli ultimi giorni, abbiamo già accennato all’attesa che cresce per scoprire un numero cruciale: quello dei votanti. Un numero che può dirci se il Trentino, quell’insieme di campanili, sarà capace di ritrovare un briciolo di entusiasmo in mezzo a una disaffezione che imperversa.

La politica locale, come un vestito stropicciato che non si toglie mai, sembra sfoggiare un’omologazione dell’autonomia che ormai fa quasi tenerezza. Solo chi vive nel mondo dorato e incantato del Trentino, pensando che sia ancora un’isola felice, potrebbe rimanere deluso. Ma sono davvero pochi, e quei pochi faticano come dei cammelli a trascinarsi in questa miserabile contraddizione.

Ah, che esaltante campagna elettorale sulla sicurezza! Non ce lo saremmo mai aspettato, vero? I protagonisti nazionali, nel loro incontro di chiacchiere e complimenti reciproci, si sono allineati come marionette in uno spettacolo di classe C. Il tema del terzo mandato è emerso come una cometa, grazie al centrodestra, dimostrando quanto siano persi sia a Roma che a Trento. E alla fine, indovinate quale è stato l’argomento più gettonato? Bravo, la sicurezza! Peccato che la percezione di vivere in una città allo sbando si scontri con i dati sull’indice di criminalità pubblicati dal Sole24Ore, che posizionano Trento tra le città più sicure, 88esima su 106 province. Ma chi se ne frega dei dati? La paura è la nuova moneta e cavalcarla con slogan banali è decisamente più facile che approfondire le vere cause di questo malessere.

C’è un tema scottante che, inspiegabilmente, è stato trascurato: il rapporto con la Provincia. Questo argomento è delicato come maneggiare un coltello affilato, perché un approccio banale potrebbe innescare un conflitto tra la città e le valli, un’idea che stiamo tutti cercando di evitare. Trento non è mai stata timida nel suo ruolo di capoluogo, perfettamente compresa come centro di servizi — che, a dire il vero, potrebbero essere distribuiti meglio. Eppure, ci sono questioni ardue da affrontare, come il tema dei migranti e quello dell’inceneritore, che richiedono un approccio meno ideologico e più pragmatico. Governare tali questioni ideologicamente è un errore fatale. La città ha sempre affrontato le proprie responsabilità, ma concentrare tutti i migranti a Trento sta sollevando un bel po’ di problemi, ben evidenziati dalle forze dell’ordine. La verità è che non è né una questione di centrodestra né di centrosinistra; è tempo di riprendere il discorso con calma e determinazione per andare oltre una sterile contrapposizione che non porta a nulla. L’obiettivo è risolvere i problemi, non acuirli.

Sudare freddo sull’inceneritore è un’altra celebrazione della pigrizia poetica. La discussione va rinnovata su basi diverse: non c’è una regola scritta che dice che l’impianto debba necessariamente stare entro i confini comunali. È ora di riallacciare il dialogo e cercare soluzioni efficaci per l’intera comunità, incluso il discutibile tema delle tecnologie di smaltimento. Insomma, il prossimo sindaco, qualunque sia il suo destino, troverà di certo del lavoro ad attenderlo — ah, le gioie di governare una città così intrisa di contraddizioni!

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