Torino si beffa di Orbán e va a sfilare a Budapest per insegnare ai sovranisti cosa vuol dire diritti umani

Torino si beffa di Orbán e va a sfilare a Budapest per insegnare ai sovranisti cosa vuol dire diritti umani

Che sorpresa, un’altra brillante trovata autoritaria del presidente ungherese Victor Orbán: vietare la parata Pride, perché ovviamente difendere i diritti Lgbtq è un problema da “proteggere i minori”. E così, mentre il governo ungherese si diletta a riscrivere il concetto di libertà, una delegazione ufficiale della Città di Torino, guidata dall’assessore ai Diritti Jacopo Rosatelli, si prepara a partire per Budapest. L’appuntamento è fissato per sabato 28 giugno, in occasione della marcia arcobaleno che, inutile dirlo, è stata vietata con la solita scusa della “protezione”. Come se la libertà di manifestare fosse un pericolo più grave di un regime che si vanta di usare riconoscimento facciale, multe e denunce per soffocare chi ha il coraggio di opporsi.

Jacopo Rosatelli ha spiegato con un impegno degno di nota quanto segue:

«Vogliamo dimostrare di essere capitale dei diritti anche nella dimensione internazionale. Per questo, abbiamo formalmente aderito all’Europride di Lisbona e anche al Pride di Budapest».

Sì, avete capito bene: Torino, città destinata a ospitare nel 2027 l’Europride, già si scalda per la battaglia. Peccato che nel frattempo, a Budapest, il clima sia tutt’altro che sereno. Il sindaco liberale e oppositore di Orbán, Gergely Karácsony, non si è fatto certo intimorire e ha risposto con altrettanta determinazione alle minacce del governo ungherese.

Gergely Karácsony ha dichiarato senza troppi giri di parole:

«La Città organizzerà la festa della libertà, il Budapest Pride. Punto e basta».

Un vero e proprio duello tra autoritarismo e libertà, insomma, con un corollario di manganelli, idranti e repressione che non mancherà di far scorrere lacrime (e magari sangue). Per questioni di sicurezza, infatti, la partenza del corteo sarà comunicata solo due ore prima della manifestazione, nel classico stile del rischio massimo.

Nel frattempo, decine di delegazioni di eurodeputati, associazioni e attivisti da tutta Europa stanno organizzando la loro partecipazione, pronti a sfidare da un lato le proibizioni ufficiali e dall’altro la sistematica soppressione di ogni forma di dissenso da parte di un regime che sembra uscito da un manuale di democrazia… al contrario.

Insomma, chi pensava che i diritti Lgbtq fossero ormai consolidati sembra vivere in un mondo parallelo. La battaglia è tutt’altro che vinta, soprattutto quando i governi usano paraventi comodi come la “protezione dei minori” per negare libertà fondamentali. Ma almeno abbiamo la consolazione che ci sarà Torino, con la sua delegazione ufficiale, a dire al mondo che non tutto è perduto.

Budapest si prepara a diventare il palcoscenico di una grande dimostrazione che vedrà sfilare non solo gli abitanti locali ma anche esponenti da ogni angolo dell’Europa. I soliti noti hanno deciso di ignorare le leggi e le “norme” del luogo, sfidando apertamente chi, con grande saggezza, ha messo dei paletti alle manifestazioni di diritti. Naturalmente, Torino non poteva mancare in questa pantomima.

Sì, perché dalla gloriosa Italia non partiranno solo turisti ignari. No, no, sul carro dei “buoni” saliranno figure vere del panorama politico: i dem Elly Schlein e Alessandro Zan, le pentastellate Alessandra Maiorino e Carolina Morace, il radicale Riccardo Magi, l’immancabile renziano Ivan Scalfarotto, e addirittura il leader di Azione, Carlo Calenda, che metterà piede per la prima volta a un Pride. Davvero un’esplosione di novità! Perché mai Calenda dovrebbe aver ignorato queste celebrazioni per tutta la vita? Beh, lui stesso ce lo ha detto con il suo stile: “Mai stato in vita mia,” ma che venga proibito è inaccettabile, perché si sa, i diritti fondamentali sono cosa sacra. Carino, no?

Nel frattempo, la segretaria del Partito Democratico, con rara sensibilità, ha sentenziato che “l’amore e la diversità non si possono cancellare per legge”. Un’affermazione che farà sicuramente rabbrividire chi, come la stessa Budapest, ha deciso che certe manifestazioni non si debbano fare o vedere. La coerenza in politica è un optional, dopotutto.

Naturalmente, non si tratta solo di politici in cerca di palcoscenici internazionali, ma anche di un gran numero di associazioni LGBTQ italiane che si sono mobilitate: Arcigay, Famiglie Arcobaleno, Mit e l’energico Certi Diritti. E non dimentichiamo la sinergia con Alleanza Verdi e Sinistra, il partito che, in teoria, dovrebbe rappresentare la lotta per i diritti di tutti, che però ha visto la strana assenza di Ilaria Salis. Perché mai? Ah, niente di grave… solo che l’infelice signora rischia di vedersi revocata l’immunità parlamentare su richiesta del governo ungherese. Evidentemente, viaggiare a Budapest in questi giorni potrebbe essere un pochino rischioso per la sua incolumità politica. Quanto basta per fare un passo indietro, d’accordo?

L’assessore Rosatelli, sempre molto pragmatico, ci fa sapere che “è necessario che le istituzioni sentano l’esigenza di difendere diritti che non sono nella disponibilità di nessun potere politico”. Parola sacrosanta, vero? Peccato che spesso questi poteri politici sembrino fare proprio il contrario a casa loro. Ma chissà, forse Budapest sarà la paladina di questa nobile causa e Torino, con il suo entusiasmo, ha scelto di prendere parte a questa spassosa commedia.

Il 28 giugno, dunque, non sarà solo una parata colorata. Sarà una battaglia epica, un punto cruciale per i diritti in Europa. O almeno così ci vogliono far credere.

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