Terzo mandato, Zaia supporta Fugatti e Fedriga e rifiuta l’Italia a pezzi

Terzo mandato, Zaia supporta Fugatti e Fedriga e rifiuta l’Italia a pezzi

Il presidente del Veneto, Luca Zaia, si trova in una posizione piuttosto curiosa, a cavallo di un paradosso legislativo nel quale le Regioni a statuto ordinario vedono bloccata la possibilità di un terzo mandato, mentre le loro sorelle a statuto speciale hanno il potere di modificare la legge elettorale a proprio piacimento. Un paradosso che, secondo lui, sottolinea non tanto un problema di metodo, quanto una questione di libertà e di ipocrisia.

L’ipocrisia della legge del 2004

Zaia sottolinea come la legge del 2004 venga adornata di virtù salvifiche per la politica, mentre, in realtà, la situazione somiglia più a un diverso trattamento: su 21 presidenti, ben 15 sono costretti a limitarsi a due mandati, mentre gli altri possono decidere secondo il loro piacere. “La verità”, afferma, “è che i cittadini sono considerati solo fino a un certo punto” — nonostante siano loro a eleggere direttamente i rappresentanti regionali.

Una partita sempre aperta?

Una domanda sorge spontanea: è davvero chiusa la battaglia per il terzo mandato? Zaia chiarisce che, sebbene il quadro attuale appaia definitivo, nessuno può affermare con certezza che la questione sia veramente risolta. Sembra, infatti, che i governatori che non hanno aggiornato la loro legislazione dopo il 2004 possano invece continuare a ricandidarsi.

Volontà politica o immobilismo?

“Rimanere fermi non è un’opzione”, commenta Zaia. Eppure il Parlamento ha già mostrato segni di stanchezza, rifiutando di affrontare il problema, il che fa sorgere un dubbio legittimo: questa voglia di cambiamento è genuina o è solo un altro tentativo di manipolare i cittadini?

La disparità di trattamento

Intanto, governatori come Fedriga in Friuli Venezia Giulia e Fugatti in Trentino sembrano poter godere del beneficio del terzo mandato, forti di statuti che offrono loro questa opportunità. “Tifo per loro”, dice Zaia, ma avverte che un eventuale intervento del governo sarebbe percepito come un’ingiustizia. Ed è qui che si evidenzia il nodo: perché la legge non è davvero uguale per tutti, creando un quadro che sembra più orientato a favorire alcuni piuttosto che a garantire parità di trattamento.

Ma c’è dell’altro: alcune Regioni a statuto speciale hanno comunque scelto di limitarsi a due mandati. La differenza di fondo rimane la loro facoltà di decidere. Sembrerebbe che, per quanto ci si possa lamentare di una legge iniqua, ci siano sempre alcune scelte che vengono avallate.

Possibili soluzioni?

In conclusione, la questione rimane aperta e piena di prospettive intriganti, ma con un tocco di ironia: chissà se un giorno arriverà davvero il momento in cui anche i presidenti delle Regioni a statuto ordinario potranno godere di una libertà simile. Ma per ora, la domanda che rimane è chiara: quanto realmente vogliamo che la legge sia uguale per tutti, e quanto invece ci si lascia sedurre dal potere e dalla possibilità di riapparire in prima linea? Una riflessione che meriterebbe di essere portata avanti, considerando che le promesse di riforma si sono spesso tradotte in nulla più che parole vuote.Che strano paradosso quello del panorama politico italiano, dove il concetto di mandato sembra assumere significati totalmente distinti a seconda del contesto. Quattro governatori in cerca di un terzo mandato e, in qualche modo, si presenta come l’illustre De Luca del PD accanto a tre rappresentanti della Lega. Ma cosa significa davvero “continuità”? Non è ironico che sia proprio la Lega, l’unico partito a sostenere questa crociata, a invocare un’alternanza tanto ambita in altri ambiti?

Contraddizioni e Longevità Politica

L’intervista con il governatore del Veneto mette in luce un’affermazione non da poco: in trent’anni, solo due governatori hanno calcato il suolo veneto. Mentre alcuni esperti denunciano questa situazione come “non normale”, il governatore rivendica il diritto dei cittadini di eleggere i propri rappresentanti. Eppure, ci si chiede, non è ancor più “non normale” che alcune regioni non vedano rinnovi? Se due governatori hanno monopolizzato il potere per decenni, di che scelta stiamo parlando?

Citando il giurista Gerotto, si parla di alternanza come di un concetto sacro. E se l’elettore ha sempre il potere di scegliere? Ma è evidente che in contesti dove il consenso è tutto, il “gioco democratico” viene giocato con carte truccate. Come mai i partiti sfruttano questa continuità quando i risultati elettorali non sembrano confermare la loro presenza nel panorama politico?

Un Rinvio dei Voti e dei Mandati

Eccoci a parlare di mandati, che il governatore sostiene non debbano essere un tabù. Deve forse sorprendere il fatto che sia “contro il blocco” per i parlamentari, mentre ammette che per altre cariche possa essere opportuno? Qui emerge una visione ironica della meritocrazia: è più facile escludere per scoprire sapienti alchimie di potere piuttosto che riconoscere che il sistema ha dei grossi limiti e richiede un cambio di rotta. Ammetterlo richiederebbe coerenza, eppure si preferisce mantenere le nuvole in cielo.

Una Scelta o una Illusione?

La visione suggerita è che almeno tre mandati possano garantire continuità. Ma continuità per chi? E in nome di cosa? Seppur nobile, l’assunto è così lontano dalla praticità, che anticipa forti sospetti sulla vera idea di democrazia. Nella sfera privata, i risultati parlerebbero chiaro, con azionisti che avrebbero la parola finale. Ma nella pubblica amministrazione, quasi si suggerisca che il cittadino sia troppo “ignorante” per decidere chi gli amministra la vita quotidiana.

Ci troviamo di fronte a una palese dicotomia: l’ideale di un sistema democratico, dove la scelta deve necessariamente riflettere l’opinione dei cittadini. Eppure, gli argomenti veicolati dai governatori sembrano suggerire che un’interpretazione più elastica sia tollerata, sempre che il loro consenso continui a lucrare su politiche e promesse che appaiono come fumo negli occhi.

Possibili Soluzioni, con Ironia

E ora, cosa rimane a questa politica che cerca un terzo mandato come un cane che insegue la propria coda? Forse, sarebbe il caso di riflettere su un mercato del potere più aperto, o su lunghe riflessioni su cosa significhi davvero il termine rinnovamento. E se pianificassimo un sistema di consensi a lungo termine che allontani i rappresentanti polivalenti dai palazzi?

Ma, ahimè, l’implementazione di queste idee potrebbe durare tanto quanto un piano di riforma eternamente “in discussione”. Perché, come sempre, la realtà è spesso una landa desolata di buone intenzioni e dolci promesse.

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