Terzo mandato, il giurista conferma: tra Costituzione e regolamenti speciali, non c’era partita!

Terzo mandato, il giurista conferma: tra Costituzione e regolamenti speciali, non c’era partita!

Il famoso Roberto Toniatti, costituzionalista e professore emerito all’Università di Trento, sembrava aspettarsi il colpo di scena: il governo che impugnava una legge trentina sul terzo mandato, come se fosse l’assegnazione del premio Oscar. Ma dai, chi non lo avrebbe previsto? Appena dopo la sentenza sulla Regione Campania, che, guarda caso, è arrivata proprio in prossimità del ricorso. Potremmo chiamarlo “tempismo perfetto”.

E ci chiediamo: quale è il fatidico problema? Ah, quelli sono i famosi valori costituzionali, che ovviamente si applicano anche alle autonomie speciali. Secondo la Corte Costituzionale, i valori in questione sono come i supereroi della democrazia: “par condicio”, libertà di voto, e un “genuino” ricambio della rappresentanza. Ma certo, chi non ama una buona competizione elettorale “fisiologica”?

Citazione d’obbligo: “Gli interessi meritevoli di protezione uniforme sono: l’effettiva par condicio, la libertà di voto dei singoli elettori e la genuinità complessiva della competizione elettorale, nonché il fisiologico ricambio della rappresentanza politica ai sensi degli articoli 3 e 51 della Costituzione”. Un po’ come dire che senza questi valori, la democrazia sarebbe come un gelato senza panna: semplicemente inconcepibile! E qui, secondo il professore, non si tratta di una questione di competenze, ma di princìpi. Incredibile, vero?

Ma non finisce qui! Gli articoli 3 e 51, mention d’onore nelle sentenze sui limiti dei mandati, sono stati richiamati anche per la Sardegna. È come se ci fosse un libro di ricette per il diritto, e qualche giurista avesse deciso di copiare e incollare. Il limite di due mandati, secondo la Corte, è perfettamente “conforme” a questi meritevoli interessi di protezione. Chi avrebbe mai pensato che i limiti al potere politico potessero essere così, come dire, “razionalmente accettabili”?

In conclusione, pare che, alla fine dei conti, non si tratti solo di numero di mandati, ma di una questione di “valori”. E i valori, si sa, sono materia delicata. Si può impugnare, discutere, o persino rovesciare, ma come si può vedere, ci sono alcune cose che, nel meraviglioso circo della politica, non cambiano mai.

Ci sono politici che, dopo aver alzato la voce contro l’impugnazione, sostengono che il “trasferimento” a Roma sia una sorta di attacco all’Autonomia. Davvero? Dobbiamo chiedere un parere legale in merito? Ma certo, i veri esperti della materia sono quelli che non hanno mai aperto un libro di diritto.

La verità è che, in una crisi di identità nazionale, se dobbiamo davvero mettere in competizione l’Autonomia con la Costituzione, la Costituzione avrà sempre la meglio. Ma va bene, continuiamo a far finta che il regionalismo italiano non sia la parodia di un sistema centralista. È come cercare di convincere qualcuno della vera indipendenza di un gabbiano che vive in un acquario.

Quindi, l’idea che lo Stato italiano e la Corte costituzionale possano essere gli ardenti difensori dell’Autonomia regionale è pura fantascienza. Forse ci riserverebbero qualche coccola burocratica, ma giusto per farci sentire meglio mentre ci rubano il sogno di essere autonomi.

Il mio messaggio è semplice: non stiamo cercando di mettere l’Autonomia in cima all’agenda, come se fosse il dessert dopo un pasto insipido, ma piuttosto stiamo tentando di costruire un sistema regionale che non sia solo un calco sbiadito della Costituzione. Magari potrebbe essere un’idea, non credete?

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