Il telepedaggio, un tempo sinonimo di comodità, è oggi un incubo tariffario degno dei migliori labirinti burocratici italiani. A contendersi il “privilegio” di farci pagare l’autostrada non sono più solo i monopolisti storici come Telepass, ma anche nuovi operatori decisi a spartirsi un mercato che vale milioni. Il risultato? Un caos tariffario, promozioni a scadenza, costi nascosti e offerte costruite su misura per far perdere la pazienza anche al guidatore più zen.
Telepass: il re decaduto con il vizio dei rincari
Telepass, ex regina incontrastata dei caselli, oggi è solo un altro nome in una lista di servizi che fanno tutto e niente. Dopo la separazione da Autostrade per l’Italia, è rimasta nelle mani del Gruppo Benetton, ma sembra aver ereditato più furbizia commerciale che efficienza. La sua offerta è un campionario di canoni che lievitano, promozioni-trappola e cashback al ribasso.
- Telepass Sempre parte bene con sei mesi gratuiti, ma poi ti affibbia 3,90 euro al mese, che diventano 4,90 dal 1° luglio. E il “cashback”? Un rimborso misero (massimo 10 euro al mese), a patto che uno faccia i conti col microscopio.
- Telepass X aggiunge una carta BNL che nessuno ha chiesto, raddoppia il canone a 7,30 euro e toglie il cashback. Chapeau.
- Telepass Base e Plus sembrano due versioni sgonfie dello stesso pacchetto: tanti servizi secondari, nessun vero vantaggio.
- Il Pay Per Use? Un euro al giorno, più 20 euro per attivarlo: perfetto per chi ama farsi spennare lentamente.
- Il Dispositivo Europeo? Paghi 2,40 euro al mese, ma solo se osi oltrepassare il confine. Il patriottismo tariffario, in pratica.
UnipolMove: l’alternativa (quasi) credibile, ma con l’autovelox sulle tratte siciliane
UnipolMove, il progetto di Unipol, prova a farsi spazio con una strategia semplice: costi più bassi e offerte aggressive. Ma attenzione, perché anche qui le cose si fanno complicate.
- Piano Base: gratis per un anno, poi solo 1,50 euro al mese. Interessante, se non fosse che in Sicilia non funziona. Da Messina a Palermo? Torni al biglietto cartaceo. Dal 2022. Complimenti.
- Il Pay-Per-Use è tutto sommato onesto: 0,50 euro a giornata, ma solo dopo che hai speso 10 euro per attivarlo(scontati a 5, per illuderti di risparmiare).
Servizi accessori? Parcheggi, strisce blu e traghetti. Ma nulla di davvero innovativo: l’essenziale, con tanto marketing.
MoneyGo (ex Mooney): l’outsider che copia, ma almeno costa poco
MoneyGo, un nome che suona come una app di scommesse, propone due formule che sembrano scritte in piccolo apposta per non essere lette.
- Abbonamento: sei mesi gratis, poi 1,50 euro al mese. Ti fanno credere di poterti disiscrivere facilmente, ma chi ci ha provato sa quanto sia “divertente” cancellare un contratto digitale in Italia.
- Pay-Per-Use: attivazione a 10 euro, poi 2,20 euro solo nei mesi di utilizzo. Sì, ma anche se usi il dispositivo un giorno solo.
In compenso, puoi pagare mezzi pubblici, taxi, treni, sharing, parcheggi… praticamente tutto, tranne il buon senso. Bello, se non fosse che la maggior parte dei servizi è disponibile già gratuitamente tramite le app dei comuni.
La vera domanda: perché tutto questo?
Perché siamo finiti a dover confrontare canoni mensili, cashback parziali, carte inutili e dispositivi compatibili solo a metà per fare una cosa semplice come pagare un casello? Perché l’Italia ha deciso che anche un’azione banale debba trasformarsi in una giungla di offerte, condizioni vessatorie, moduli da leggere col notaio?
Mentre Telepass si trasforma in banca, Unipol sogna la rivoluzione e MoneyGo prova a copiare tutto con meno soldi, noi utenti restiamo ostaggi delle clausole. Chi viaggia molto paga caro. Chi viaggia poco paga lo stesso. E chi vuole solo capire quale offerta scegliere, finisce con l’abbonarsi a tutte.