Taranto, il sindaco Bitetti mette su una giunta da manuale: cinque uomini e quattro donne, ma cultura, turismo e bilancio? Magicamente spariti dalle deleghe

Taranto, il sindaco Bitetti mette su una giunta da manuale: cinque uomini e quattro donne, ma cultura, turismo e bilancio? Magicamente spariti dalle deleghe

Nove assessori per Piero Bitetti, il nuovo sindaco di Taranto, scelti con il tipico mix di “rinnovamento a metà” e nostalgia del passato. Cinque volti già rodati sui banchi del Comune e quattro freschi di nomina, a dimostrare che la discontinuità si può declinare su misura e senza stravolgimenti autentici. E, per non smentire le ultime mode, equilibrio di genere garantito: quattro donne su nove, perché la parità, si sa, è fondamentale… almeno a parole.

La giunta riflette quasi alla perfezione le otto liste che hanno spinto Bitetti verso il trono del centrosinistra, tranne quegli “scomodi” dove il sindaco ha evidentemente deciso di distribuire incarichi extra, forse per non fare troppo felici tutti quanti. Quel poco che ancora non si sa è se le deleghe rimaste alla finestra verranno trattenute dal sindaco stesso o, chissà, assegnate a qualche altro assessore in cerca di gloria.

Ovviamente, come da copione, il Partito Democratico si prende la parte del leone. Quindici e rotti per cento dei voti per far bruciare tre poltrone rosse. Primo della classe, e mai abbastanza sottolineato, è Mattia Giorno, la “stella nascente” – almeno così lo definiscono – e anche il più giovane, a soli 31 anni, nonché il più amato con 2.249 voti. Ex assessore nella giunta di Melucci, ora si fa vice sindaco con deleghe che spaziano dalla progettazione alla politica giovanile. Per evitare disguidi, gli sono affidate pure le relazioni internazionali e i grandi eventi, perché sembra che tutto questo sia questione di uno solo.

Se Mattia Giorno si occupa di sogni e giovani, a Lucio Lonoce tocca il compito più pratico di tutti: i lavori pubblici, ovvero quello che tutti aspettiamo senza patire troppo sospetti. E per chi si chiedesse chi sarebbe il terzo rappresentante del partito, eccolo lì: il consigliere comunale e regionale Enzo Di Gregorio. Ma attenzione, lui ha fatto il gesto più magnanimo di tutti – o il più comodo –, preferendo consegnare le chiavi dell’assessorato a Federica Stamerra, esperta di diritto del lavoro e ora al timone del patrimonio, del personale e delle tanto amate politiche del lavoro.

Non poteva mancare il tocco del tecnicismo sfrenato: ecco allora Gianni Cataldino, nome di quelli che sanno farsi voler bene ai piani alti del Palazzo di città. Già assessore in passato, ora si guadagna la delega al coordinamento strategico dell’azione di governo e alla governance delle società partecipate. Insomma, qualcuno deve pur tenere in riga quella selva di enti presidiati e non si sa mai se lo farà più per interesse o per dovere.

Francesco Cosa, che sulla carta viene da “Per Bitetti” ma ha già speso buona parte della sua carriera come assessore di Stefàno, si occuperà di un settore tanto affascinante quanto delicato: la blue economy – quel meraviglioso tentativo di giustificare ogni stortura industriale con la parola “mare” –, nonché del commercio, artigianato, e naturalmente dei rapporti con la Regione in materia di sviluppo e lavoro. Perché bisogna pur far vedere che si lavora per l’occupazione.

In un angolo della giunta, quasi a sorvegliare l’anima verde e ambientalista da tenere buona agli occhi di chi ancora tiene alla sostenibilità, c’è Fulvia Gravame. La “storica ambientalista” – definizione che spesso risuona più come un’etichetta da museo – è stata premiata come prima dei non eletti nella lista Avs, e si vede affidata la transizione ecologica. Il tutto naturalmente senza eccessivo clamore, giusto per non scombinare troppo i piani già ampiamente stabiliti.