Tajani scopre l’acqua calda: l’Europa ha bisogno di “fare squadra” con gli Stati arabi moderati come se non lo sapessimo già

Tajani scopre l’acqua calda: l’Europa ha bisogno di “fare squadra” con gli Stati arabi moderati come se non lo sapessimo già

La domanda è più che lecita, e Antonio Tajani, ministro degli Esteri, non si tira indietro in una giornata tanto movimentata quanto contraddittoria, fatta di capovolgimenti repentini, trattative convulse e missili che volano come coriandoli al carnevale.

Ministro, quanto è alta la preoccupazione per il conflitto tra Iran e Israele? Siamo davvero sull’orlo di una guerra mondiale?

Antonio Tajani risponde con quel misto di vaghezza e realismo che solo la diplomazia sa regalare:

«La preoccupazione è alta. Certo non siamo alla vigilia di uno scontro mondiale generalizzato, ma il rischio che la guerra si allarghi a macchia d’olio coinvolgendo altri Paesi del Medio Oriente è tutt’altro che remoto. Perciò, noi europei dobbiamo darci da fare subito, reclamando l’appoggio degli Stati arabi “moderati” – quelle entità etichettate come portatrici di pace – che pure hanno, come noi, evidenti motivi per desiderare la quiete.»

Ah, la semplicità delle soluzioni diplomatiche europee: accendiamo un caffè e convochiamo gli “arabi moderati”, sperando che instillino un po’ di ragionevolezza dove da tempo regna il caos. Illuminante, certamente.

Nel frattempo, il ministro si è dedicato a un tour telefonico degno di una maratona olimpica: chiamate continue a ministri di Israele, Iran e chiunque altro che potesse arricchire questa sceneggiata di parole.

Rassicurante sapere che tra tutte queste “telefonate” non spuntino grandi risultati sul tavolo. Dal canto suo, Tajani ci tiene a spiegare il fine di queste chiacchierate virtuali:

«Questi contatti servono a “capire” quali siano le posizioni degli alleati e dei Paesi coinvolti nella regione. Ad esempio, solo ieri ho parlato con i rispettivi ministri di Iran, Israele, Arabia Saudita, Emirati Arabi e altri ancora. L’Italia mantiene un canale aperto sia con Israele che con Iran, e incrociamo le informazioni. Un primo segnale positivo dall’Iran è stato che non intendono ostacolare il traffico commerciale nello Stretto di Hormuz.»

Fantastico. L’Iran, dal canto suo, non alzerà barricate sul commercio marittimo. Chissà, magari tra un missile e l’altro ci sarà tempo anche per un tè di cortesia allegramente scambiato nello stretto.

Ora, la domanda che tutti si pongono è: qual è il piano italiano in tutto questo circo? Qual è la mossa decisiva del Bel Paese per riportare la pace in una regione che ormai sembra un episodio infinito di una telenovela bellica?

Tajani non si tira indietro e con la calma olimpica del diplomatico annuncia:

«L’Italia vorrebbe, anzi vorrebbe tanto, far ripartire i negoziati tra Stati Uniti e Iran. Questo è il luogo giusto per un confronto diplomatico che riporti la ragionevolezza. L’obiettivo, davvero ambizioso, è mettere fine al prima possibile a questa guerra che rischia di diventare una bomba a orologeria globale. Dobbiamo convincere tutti i Paesi responsabili a fare pressione su chi combatte, affinché fermino questo scontro.»

Una strategia impeccabile, degna degli strateghi della pace mondiale: far ripartire negoziati che da anni sembrano un disco rotto, sperando che questa volta la musica cambi.

Ma allora, cosa realmente ci dicono i primi segnali, le informazioni che arrivano qualche vagito di verità tra tanto rumore di guerra?

Ah, l’eterno invito al “dialogo politico e diplomatico” mentre si ammette, con somma naturalezza, che l’unica ragione per cui tutto è tollerabile è che l’Iran promette da anni di far sparire Israele dalla mappa. Niente di nuovo sotto il sole, se non fosse che, secondo l’infallibile Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, l’Iran potrebbe presto sfoggiare la bomba nucleare. Scandalo? Certo che sì, per chiunque abbia ancora un briciolo di buon senso. Quindi la conditio sine qua non per la pace è semplicissima: l’Iran deve abbandonare il proprio sogno nucleare militare. Facile, no?

E gli italiani nella regione, che sono pure parecchi? Pericolo imminente? Ma certo! Perché, diciamocelo, missili piovono sempre ovunque, tanto a Tel Aviv quanto a Teheran. Così, per non farsi trovare impreparati, si è deciso di metterli in allerta, invitandoli a seguire diligentemente le indicazioni delle autorità locali, ovviamente in tandem con le ambasciate e l’Unità di crisi. E per i più fortunati partirà addirittura un convoglio via terra da Teheran per evacuare i connazionali isolati. Non male come premura, no?

Gli sforzi egregi della Russia? Meglio lasciar perdere

Si è fatto un gran parlare, soprattutto durante il G7 a Kananaskis, e persino da personaggi illustri come Donald Trump si è auspicata una possibile mediazione della Russia. Ma qui la risposta è un tiepido no. Non tanto perché Vladimir Putin non sarebbe utile, ma perché – scherziamo? – la sua presenza sarebbe più controversa che risolutiva. Il vero ruolo del caro Vladimir, infatti, è a Ucraina, dove qualche accordo per fermare i bombardamenti sarebbe decisamente più urgente. La pace con Israeliani e Iraniani? Magari in un’altra vita.

Legittimità dell’attacco israeliano: un enigma avvolto nella tragedia

Le opposizioni, fedeli all’arte di chiedere chiarezza quando la confusione regna sovrana, si interrogano: l’attacco di Israele è legittimo? E l’Italia che posizione prende? Beh, la risposta è così diplomatica da stordire: sì, è una guerra brutta e pericolosa, ma Israele deve difendersi. Punto. Sopravvivere è il mantra, qualunque cosa accada, finché la guerra finirà, o almeno così si auspica. Amen.

E riguardo l’idea che gli attacchi missilistici israeliani possano buttare giù il regime di Khamenei? È un’ipotesi aperta, a quanto pare, visto che l’operazione s’intitola “Il Leone nascente”. Per chi non lo sapesse, il leone era il simbolo dello Scià (quello vero, non quelli che hanno trasformato tutto in un enorme spettacolo teatrale). Certo, l’obiettivo dichiarato restano i siti nucleari, i missili balistici e strategici iraniani. Missione: impossibile o no? Tra ironia e brutalità, il gioco continua.

Trump, il salvatore del mondo?

Ora, qualcuno si chiede se Donald Trump abbia davvero la forza di rimettere ordine nel caos globale e riportare la pace. La risposta, che vi sorprenderà per semplicità, è: gli Stati Uniti sono sì fondamentali, ma senza una rete di collaborazione internazionale (soprattutto con i Paesi del G7) il compito è arduo. L’alleanza transatlantica rimane il pilastro imprescindibile, ovvero quel grande contenitore dove tutti fingono di collaborare finché non scoppia il prossimo casino.

L’Unione Europea e la sua “presenza” in politica estera

Non poteva mancare la classica critica all’Unione Europea, colpevole di essere un fantasma nelle questioni di politica estera, incapace di dire una parola seria durante l’attuale carnevale di guerre. Al G7 canadese, poi, sembra di essere davanti a un gruppo di turisti senza guida, senza una linea chiara da imporre o seguire. Ma ecco la soluzione pragmatica: l’Europa deve riformarsi, diventare più decisa in sicurezza e difesa. I singoli stati devono smetterla di giocare in proprio e affidare all’Europa un ruolo che attualmente si limita a essere un salotto di chiacchiere.

In altre parole, l’Europa non è assente, è solo la “casa” di tutti noi… peccato che sembri più una casa sull’albero in una tempesta.

Allarme terrorismo in Italia: lo spettro sempre presente

Infine, qual è il rischio attentati in Italia con tutta questa confusione? Sempre presente. Ma, tranquilli, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi gestisce la situazione con la responsabilità di chi sa che non basta pregare. L’intelligence italiana è sulla corda, allerta massima per ogni possibile ripercussione sul nostro territorio. Le forze di polizia vegliano con occhi da falco, pronti a intervenire. Nel frattempo, si garantisce la protezione delle sedi diplomatiche israeliane e dei luoghi di culto ebraici. Insomma, meglio essere prevenuti che scoprire dopo l’ovvio.

Intanto, mentre il rischio di guerra infiamma il Medio Oriente, qui da noi si consuma un altro “tirare e mollare” che, anche se meno drammatico, potrebbe decidere le sorti della nostra santa alleanza di governo. E chi se lo aspettava che Salvini avesse in serbo qualche colpo di scena?

Attacca sul terzo mandato per i governatori. «Con Salvini e con i colleghi della maggioranza possiamo discutere serenamente di tutto. La nostra posizione è che tre mandati per le Regioni sono troppi, c’è una concentrazione di poteri nel presidente di una Regione che non ha neppure il presidente del Consiglio. Dopo di che sempre pronti a confrontarci».

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