Ecco il commento caustico di un esperto sulla presunta crisi del nostro servizio sanitario nazionale, messa sotto accusa da un neurologo americano a Venezia.
Il Servizio sanitario nazionale italiano, con tutte le sue imperfezioni, è ancora un vanto pubblico e universale, basato su principi di equità e solidarietà che molti Paesi si sognano. Ogni giorno assiste milioni di cittadini e turisti, anche nelle città più complicate come Venezia. E tutto ciò con professionalità e un senso di servizio che non sempre riceve il giusto riconoscimento.
È vero, i disservizi possono capitare – come in qualsiasi altro sistema sanitario del pianeta. Ma trasformare un singolo episodio negativo in un’accusa globale e infondata all’intero sistema è, diciamo, un po’ esagerato. Ancora più ridicola è la pretesa che si debba necessariamente dichiarare di essere “medico” per avere accesso alle cure.
Il vero privilegio – sottolinea il presidente della Società italiana di neurologia, Alessandro Padovani – non è fingere di essere medico per essere trattato meglio, bensì vivere in un Paese dove il diritto alla cura è garantito a tutti, senza discriminazioni di status sociale o provenienza.
L’articolo incriminato racconta la vicenda di un neurologo statunitense finito in un Pronto Soccorso veneziano dopo un trauma cranico non grave. La sua lamentela? Aver dovuto aspettare a lungo senza assistenza adeguata e aver ricevuto attenzione soltanto dopo aver ammesso la propria professione.
Padovani, con ironia tagliente, ammette che ci sono criticità – come in ogni sistema umano – ma allarma contro la facile tendenza a delegittimare il Servizio sanitario nazionale con generalizzazioni ingiuste e fuori luogo. Il dovere di tutti, secondo lui, è difendere e rafforzare un sistema che garantisce l’assistenza a chiunque ne abbia bisogno, senza favoritismi o etichette.



