Sondaggio Ipsos: la battaglia ridicola per il quorum, con affluenza da circo tra il 32 e il 38%

Sondaggio Ipsos: la battaglia ridicola per il quorum, con affluenza da circo tra il 32 e il 38%

Siamo a un mese dall’attesissimo voto per i cinque referendum, scheduled per l’8 e il 9 giugno. I promotori avevano ambiziosamente pensato anche a un sesto referendum sull’Autonomia differenziata, ma la Corte costituzionale ha deciso che no, quel sogno non si avvererà. E così, ci accontentiamo degli altri quattro quesiti che si focalizzano sulla questione dei licenziamenti e della sicurezza sul lavoro. Il più chiacchierato è sicuramente quello che ambisce ad abrogare il contratto a tutele crescenti, una fantastica creatura partorita dal Jobs Act, forgiato dal brillante governo di Renzi ormai nel 2016. Il quinto quesito? Un toccasana per chi desidera acquisire la cittadinanza italiana, che propone di dimezzare il periodo di soggiorno legale in Italia da 10 a 5 anni. Perché si sa, i diritti si danno in fretta, giusto?

Ma torniamo al clou della questione: la bocciatura del quesito sull’Autonomia differenziata ha fatto svanire gran parte dell’attrattività di questa consultazione referendaria. Interessante come i quesiti sul lavoro, e in particolare quello sul Jobs Act, hanno acceso favoritismi e malumori, specialmente all’interno del Partito Democratico. Ah, il centrodestra? Sembrano decisamente propensi all’astensione, un’ottima strategia per chi ama restare nell’ombra.

L’attenzione, dunque, si concentra sul raggiungimento del quorum, quella soglia fatidica del 50%+1 di affluenza alle urne. Negli ultimi trent’anni, ci sono state 10 consultazioni referendarie che richiedevano il quorum (aggiungiamone altre 4 costituzionali, per le quali il quorum è solo un optional) e indovinate? Solo in due occasioni il miracolo è avvenuto: nel 1995 e nel 2011. Ricordate quei giorni? L’italiano medio, secondo i sondaggi, è informato ma non troppo: il 62% sa degli imminenti referendum, mentre il 32% è ancora nel limbo dell’ignoranza e il 6% è convinto che la democrazia si goda in un altro pianeta, senza referendum in vista.

Dopo aver somministrato questi quesiti agli intervistati, ci aspettiamo esiti sbalorditivi. Ma non preoccupatevi, per il momento, la situazione sembra tutto tranne che chiara. Sarà una sorpresa vedere se l’italiano voterà, oppure deciderà di esercitare il diritto al divano invece di quello di voto. Spoiler: il divano è veramente molto comodo.

Sorprendentemente, i quesiti referendari sembrano riscuotere un certo interesse, ma non sono certo le opinioni degli elettori delle forze di governo a brillare. Il 33% li considera molto importanti, mentre il 20% non si esprime con altrettanta enfasi. Gli elettori del Pd e del Movimento 5 Stelle, invece, trovano gli argomenti così cruciali da farci pensare che stiano parlando del futuro del mondo, piuttosto che di questioni politiche banali.

Parlando di intenzioni di voto, tuttavia, le cose si complicano. Solo il 28% è sicuro di recarsi alle urne, mentre il 15% potrebbe trovare il tempo tra un binge-watching e l’altro. Da queste stime, emerge un panorama in cui le probabilità di partecipazione crollano da un lusinghiero 43% a un misero 32-38%. I votanti del Pd e del M5S si rivelano i più entusiasti, mentre le truppe delle forze di governo sembrano decisamente meno motivate, al punto che si potrebbe sospettare che abbiano trovato un modo più divertente per passare il loro weekend.

Venendo al nocciolo della questione, i sì sembrano dominare ubique: un vero plebiscito per i temi del lavoro, con percentuali che si aggirano tra il 79% e l’87%. Un trionfo, direte voi. Ma il quesito sulla cittadinanza? Qui le cose si complicano. Al centrodestra non interessa affatto, con i no che si impongono come fosse un gioco da tavolo, mentre nel centrosinistra la situazione è chiaramente dalla parte dei favorevoli. I sondaggi mostrano che solo un misero 18% pensa che ci sarà affluenza sufficiente, il che fa sembrare che il resto stia solo aspettando che il selfie di gruppo dopo la vittoria possa avvenire in altri luoghi.

Nonostante manchi ancora tempo al voto e la campagna referendaria non sia entrata nel vivo, è chiaro che i dati possono cambiare. Chissà, potrebbero addirittura indurre i sostenitori del centrosinistra a mobilitarsi, mentre al contempo potrebbero scoraggiare i conservatori, che forse troveranno più allettante restare a casa piuttosto che esporsi a un dibattito insulso sulle urne. Nel frattempo, chi ha votato alle ultime politiche potrebbe ritenere poco interessante un referendum, lasciando i più sprovveduti a domandarsi cosa sia successo due anni fa. Ma ehi, questo è tutto partito da una bella discussione sul quorum.

Per realizzare l’improbabile quorum di cui si discute, servirebbe che il 79% di chi ha votato nel 2022 si presenti, e questo scenario si dipinge davvero come un’incredibile montagna da scalare. Quindi, si fa fatica a vedere un futuro roseo, mentre il panorama si profila sempre più in salita, come se stessimo salendo il K2 con le scarpe di cartone.

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