Oh, che sollievo per gli enologi stressati: finalmente si è deciso di rendere un po’ più facili e chiare le regole per quei vini “senza alcol” che tanto piacciono a chi vuole sembrare sobrio senza rinunciare al piacere di un bicchiere. Secondo il nuovo capolavoro normativo, si potrà spacciar per “alcol-free” un vino la cui gradazione alcolica non superi lo 0,05% in volume. Ah, la precisione quasi maniacale degna di un laboratorio di fisica nucleare applicata all’enologia!
Se invece quel vino si ostina ad avere almeno lo 0,5% di alcol in volume, ma sempre almeno il 30% in meno dell’alcol rispetto alla sua versione originale, allora potrà fregiarsi della magnifica etichetta “alcol ridotto”. Un gioco di parole, una danza di numeri che certo aiuterà il consumatore a non capire niente, ma a sentirsi a posto con la coscienza.
Più soldi e meno grane per i viticoltori
Non bastasse la confusione sulle etichette, la festa continua con un allungamento di un anno extra per piantare o reimpiantare vigne colpite da terremoti naturali, disastri climatici, epidemie vegetali o fastidiosi parassiti. Un regalo prodigioso che sembra dire: “Prendetevi tutto il tempo che volete, tanto i soldi europei vi copriranno”.
Ma non è finita: gli intrepidi negoziatori, dopo aver bevuto qualche calice in più forse, hanno stabilito che i fondi UE potranno essere spesi per estirpare vigne – sì, avete capito bene, giusto per ripulire il campo. E dulcis in fundo, i limiti nazionali per distillazione del vino e raccolta verde raggiungeranno il magico tetto del 25% dei fondi disponibili per ogni Stato membro, così ognuno potrà godersi il piacere di decidere quanto spreco è autorizzato.
Vino, turismo e pubblicità: business is business
Passiamo ora al capitolo “vino che viaggia”, perché niente è più eurocentrico e autocelebrativo di finanziare promozioni di vini europei negli angoli più remoti del globo. Le organizzazioni di produttori che gestiscono le denominazioni di origine protetta e le indicazioni geografiche potranno contare finalmente su un sostegno extra per far girovagare i turisti del vino in cerca di borghi pittoreschi e degustazioni da sogno.
Infine, e come direbbe un pubblicitario di successo, ecco la ciliegina sulla torta: le campagne promozionali nei paesi terzi potranno arrivare a un cofinanziamento UE fino al 60%, mentre gli Stati membri saranno generosi nel mettere sul piatto un altro 30% per le piccole e medie imprese, e un 20% per le aziende più cicciotte. Insomma, una generosità che farà certamente gioire ogni produttore un po’ snob, tanto da fotografarsi con il calice in mano tra degustazioni, eventi e fiere varie fino a nove anni di fila, grazie a piani promozionali rinnovabili.
Esther Herranz García, relatrice del dossier e chissà se anche appassionata bevitrice, ha dichiarato con entusiasmo degno di un venditore di pozioni magiche: “Stiamo fornendo al settore gli strumenti per affrontare la crisi profonda che sta vivendo. Questi includono misure per regolare l’offerta in linea con la domanda, come la possibilità di finanziare con fondi europei le misure di crisi, come l’estirpazione delle vigne, garantendo così pari opportunità ai viticoltori nei diversi Stati membri. Offriamo inoltre maggiori tassi di cofinanziamento per le misure di adattamento al cambiamento climatico. Infine, abbiamo migliorato le condizioni per la promozione fuori dall’UE, che permetterà campagne più stabili e mirate, rafforzando anche il turismo del vino e le opportunità di diversificazione che offre.”
In soldoni? Prossimamente queste regole, appena si saranno messe d’accordo (con la proverbiale lentezza istituzionale), dovranno passare il vaglio di Parlamento e Consiglio per diventare realtà ufficiali. Nel frattempo, stappate pure il vostro vino “alcol ridotto” o “0.0%”, perché la burocrazia europea ha deciso che anche questo fa comunità e rilancio economico.



