Sanità a pezzi e la giunta provinciale? Silenzio e zero idee, dicono i sindacati esasperati

Sanità a pezzi e la giunta provinciale? Silenzio e zero idee, dicono i sindacati esasperati

Ah, che sorpresa! Un altro colpo di scena nella tranquilla sanità trentina: Antonio D’Urso, il dirigente generale del Dipartimento salute, decide di abbandonare la nave per imbarcarsi verso lidi più luminosi a Perugia. E indovinate? Le parti sociali non sono certo in estasi e, udite udite, i sindacati manifestano la loro preoccupazione senza troppi giri di parole. Per una situazione del personale che si fa ogni giorno più insopportabile e per risposte da parte della giunta? Macché, quelle sono latenti come un fantasma.

Giuseppe Pallanch della Cisl Fp non ci gira attorno né perde tempo in formalità: «Ci hanno definito allarmisti, ma i problemi ci sono», sbotta. Immaginate, poi, la sua perplessità sul fatto che nessuno voglia rimanere in questa terra di santi, navigatori e, ahinoi, dipendenti pubblici disillusi. Ma l’addio di D’Urso è solo la punta dell’iceberg; la vera chicca è la guerra legale che imperversa attorno al progetto del nuovo Polo ospedaliero e universitario. Che, pensate un po’, provoca ritardi non proprio indifferenti nell’attesissima (e interminabile) realizzazione dell’opera.

Pallanch esplode nella sua ironia amara: «Si tratta di una strategia che manca praticamente da sempre, nonostante tutte le classifiche di cui ci riempiamo la bocca». Eh già, a settembre dello scorso anno avevano già segnalato all’assessore Mario Tonina che la “strategia” granitica promessa non li convinceva per niente, e ora sono servite prove tangibili: i dubbi erano più che giustificati. Il signor Pallanch aggiunge: «Abbiamo fatto notare una miriade di questioni, che vanno dall’attrattività del sistema sanitario fino alle risorse economiche. Ma a quanto pare eravamo allora i “clichettoni allarmisti”». E, ancora, per non farsi mancare nulla, ricorda bene le promesse a cui, guarda caso, nessuno ha ancora dato seguito: «Stiamo aspettando un emendamento all’assestamento sulle risorse per le Aziende pubbliche di servizi alla persona, ma finora non abbiamo visto un bel nulla».

In questo melodramma senza fine, l’unica speranza è che Antonio D’Urso venga sostituito al più presto. Perché, a detta del sindacalista, «ci sono partite da portare avanti» e, soprattutto, «risposte da dare». Prima però, c’è da risolvere un piccolo dettaglio che forse a qualcuno era sfuggito: «Bisogna chiarire chi sta sopra chi nella filiera tra assessorato e Azienda sanitaria». Chiarissimo, no?

In sintesi, mentre la politica locale e i burocrati si rimpallano le responsabilità come patate bollenti, i dipendenti pubblici e i sindacati incrociano le braccia e guardano con crescente sgomento questo gioco dell’oca tragicomico. Il nuovo ospedale danneggiato da battaglie legali, dirigenti che scappano a gambe levate e promesse mai mantenute: un cocktail vincente per un sistema sanitario che sembra uscito da un film dell’assurdo. Ma, eh, fa nulla, tanto l’importante è che le classifiche rimangano belle da esibire nelle conferenze, no?

«Rinnovare il contratto per tamponare la drammatica carenza di medici» — Che novità, direte voi, come se fosse una scoperta dell’ultima ora. D’Urso se ne va, ed è il secondo dirigente a farlo in poco tempo, un vero ecatombe amministrativa, ci informa Giuseppe Varagone della Uil Fpl Sanità. E naturalmente chi arriverà dopo dovrà ricominciare tutto da capo, allungando così i tempi come se ce ne fosse bisogno.

I guai, spiega l’incantato sindacalista, non si fermano al solo contratto scaduto che grida a gran voce un rinnovo urgente per colmare la mancanza di personale medico: no, no, si estendono anche all’intero comparto sanitario. E la chicca del giorno è che il problema più grosso ormai non sono i soldi, ma il fatto che «non si riesce più a conciliare la vita familiare con quella lavorativa», con congedi e riposi che diventano leggende metropolitane.

Non bastasse, la situazione del nuovo ospedale è la ciliegina sulla torta. Un Santa Chiara «in esplosione», dove reparti si sforzano di mantenere sicurezza e privacy e gli ambulatori sembrano più loculi che stanze di cura. Se in altri posti gli ospedali sono Ferrari scintillanti con investimenti scintillanti in nuove tecnologie, qui si va avanti con una utilitaria preistorica, una 500 che arranca mentre i cittadini si beccano un vero colabrodo.

Il sindacalista non si tira indietro e lancia il vero problema: la «strategia» inesistente. E chiude con un’amara constatazione, perfetta per una tragedia comica: «Preoccupa vedere malessere anche ai vertici».

«Azienda sanitaria in gravissimo disordine»

Non poteva mancare l’ennesima testimonianza di «disordine», questa volta a firma Alberto Bellini della Fp Cgil. Evidentemente la parola d’ordine va in questa direzione perché non si placa la crisi. La mancanza di risorse non è il problema principale, afferma, ma piuttosto la totale assenza di un’idea su come organizzare il sistema sanitario territoriale e, ovviamente, la costruzione del nuovo ospedale.

«Siamo stupefatti», ammette candidamente Bellini, che ci presenta la scena più classica che si possa immaginare: un’Azienda sanitaria senza direttore generale, in uno stato di caos così profondo da far impallidire le più fosche previsioni, senza alcuna direzione strategica. In altre parole, «manca una regia», roba da far invidia a quei film interpretati da registi confusi.

Il solito slancio di Tonina, che ci mette l’impegno, non basta: finora, le uniche soluzioni proposte riguardano la parte edilizia. Bravo, però come direbbe qualcuno, non basta mettere su qualche muro: ti serve personale, formazione, organizzazione e magari, chissà, anche un minimo di buon senso oltre a far lavorare tutti fino allo sfinimento.

L’ordine dei medici non è da meno

Ovviamente, come potrebbe mancare la voce della massima autorità dei custodi del camice bianco? Giovanni de Pretis, presidente dell’ordine dei medici, non sega certo la verità: «Certo che siamo preoccupati». Ed eccoci al classico tandem ritardi/nodi da sciogliere, con il nuovo ospedale da rincorrere e urgenti investimenti negli spazi attuali ancora alla mano lenta.

Far lavorare i medici in un luogo obsoleto come Santa Chiara, aggravato da cantieri aperti come vulcani, è ovviamente un sogno che nessuno vuole vivere, nemmeno nei più oscuri incubi.

Il presidente ci mette però qualche speranza: accelerare sull’introduzione di nuove tecnologie, quelle che non dipendono dai muri, potrebbe migliorare l’assistenza e, perché no, motivare i professionisti a non scappare a gambe levate.

Naturalmente, la perdita di D’Urso pesa come un macigno sulla mancata stabilità dirigenziale: «È una persona competente, perderlo è motivo di preoccupazione». Aggiunge poi il tocco finale di realismo pessimista: siamo in un momento delicatissimo, con scadenze per l’Azienda integrata che aspettano risposte.

Il sogno dei medici? Una giunta che prenda finalmente qualcuno competente e con una reale conoscenza del contesto trentino. Non dovrebbe essere così difficile, ma a quanto pare lo è diventato.

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