Se nel resto della coalizione si respira un’indolente calma che più calma non si può, la Lega sceglie invece di partire a razzo con la campagna elettorale. Non solo riunisce 400 sindaci e amministratori del Veneto, ma comincia anche a mettere giù qualche punto del programma, candidandosi a capo supremo del centrodestra. Sì, avete letto bene: non si accontentano di un ruolo da comprimari, loro vogliono guidare l’intera banda, sia con il programma che con il candidato. D’altronde, a dirlo è stato il ministro e segretario federale Matteo Salvini direttamente dal Giappone, ribadito poi da Alberto Stefani, segretario regionale e vice federale, nell’auditorium di Santa Caterina. E come sempre, tutto in ordine, nessuna “fuga in avanti.”
«Centrodestra unito», è la musica che arriva dai piani altissimi del Carroccio, mentre la base si lecca i baffi al pensiero di correre da soli. Ma, ironia della sorte, la linea ufficiale resta quella della coalizione compatta: «Lo deciderà il direttivo regionale», taglia corto il solito Stefani, come se questa seria assemblea fosse un consiglio di condominio. Eppure, sotto sotto, la tentazione di correre solitari rimane lì, come un piano B da tirare fuori all’occorrenza, ma remoto perché, ovviamente, la “coalizione va garantita.”
Salvini non perde occasione per buttare lì la solita minestra riscaldata: «Faccio e farò di tutto perché il buon governo del Veneto possa avere continuità — ha ribadito — senza toglier niente a nessuno, garantendo l’unità del centrodestra che è un bene prezioso in tanti Comuni, pensiamo a Treviso, in Veneto e a livello nazionale.» Insomma, lo spirito di propaganda è vivo e vegeto e il ricordo della Lega e di Luca Zaia come eredità sacra è sacrosanto. Per loro, il futuro è un “uomo o donna della Lega con una squadra all’altezza” per altri dieci anni di supremo governo. E Salvini promette di mettercela tutta da segretario e da militante. Nel frattempo, auspica di fissare “prima possibile la data” delle elezioni, perché si sa, il tempo è oro e le strategie illuminanti si decidono in fretta.
Nel frattempo, si dibatte sul tema del terzo mandato per i governatori: le regioni – cioè i presidenti – dovrebbero deciderlo da sole, ma il governo ci prova continuamente a imbastire un “election day” unico. Tanta fatica sprecata, perché la politica, da destra a sinistra, dice un no secco, come se dare ai cittadini la possibilità di scelta fosse un peccato originale da evitare a ogni costo. Cinque volte tentato, cinque volte detto “no.” Finché alla fine, si parte con la campagna vera e propria.
Il piano include 2.000 gazebo, raccolte firme da manuale, e una distribuzione capillare di militanti sul territorio a partire dall’inizio dell’anno. Poi, l’incontro “mondiale” con i sindaci ieri mattina a Treviso, dove la Lega ha sfoggiato la bellezza di 400 amministratori leghisti veneti. Un numero da record, da mostrare come trofeo agli alleati, per far capire chi comanda davvero in questo teatrino chiamato centrodestra.
La Lega, fedele al suo stile, decide di mostrare i muscoli partendo dai numeri. Ieri si è presentata sfoggiando un esercito di quasi quattrocento persone provenienti da oltre duecento Comuni, come dire: “Ecco chi comanda in Veneto”. Stefani, sempre con quell’aria di chi sa di avere la verità in tasca, ci tiene subito a precisare: «Non siamo contro nessuno. Lavoriamo per una coalizione unita». Parole che suonano come una dolce ninna nanna, mentre sotto sotto ognuno già si prepara a prendersi la sua fetta di torta. Perché? Perché, dice, hanno un programma che «racconta la nostra visione di cosa il Veneto sarà tra dieci, venti, trent’anni». Peccato che questa “visione” sembri più un copia-incolla di promesse già sentite, quelle con cui si riempiono la bocca a ogni campagna elettorale. La solita storia: amministratori “capaci” che conoscono il territorio, nessuna corsa solitaria (meno male), e un centrodestra come argine insormontabile, perché «è nel volere dei veneti». Naturalmente, la Lega tiene a sottolineare la propria forte identità: mica vorrete farci dimenticare chi comanda davvero, no?
Più Stefani pompa i temi, più emergono questioni politiche vere e proprie. La spinta per una corsa solitaria, per esempio, arriva proprio dalle sezioni trevigiane. Risposta perfetta e molto democratica: «Giusto che le sezioni si esprimano, è sempre accaduto», ma poi «le decisioni si prendono su altri tavoli», tanto per mettere una pezza sulle inevitabili lotte di potere interne. In sintesi, «siamo una coalizione al governo nazionale, locale e regionale, in Veneto è bene lavorare in continuità». Tradotto: non discutiamo sui nomi, o almeno facciamo finta.
E qui finalmente arriva la ciliegina sulla torta: la Lega vuole il candidato presidente, e Stefani, oltre a fare il segretario, ambisce pure a succedere al “mitico” Zaia. I numeri non mentono, ci dice: «Siamo il movimento che conosce meglio il Veneto, con il maggior numero di amministratori capaci e preparati, molti giovani. Abbiamo una classe dirigente importante». Un’apoteosi di autostima, degna di un ottimo spin doctor.
Per far vedere che non è solo chiacchiera, una cinquantina di amministratori ha preso il microfono per sviscerare, punto per punto, tutti i problemi che affliggono i Comuni veneti. Turismo, sport, lavori pubblici, Autonomia, sanità, giovani, ambiente, salute mentale, famiglie, anziani: un’overdose di belle parole e temi, snocciolati in un paio d’ore che sembrano mille. E perché no? Anche la sindaca civica di Rovigo si è fatta viva, giusto per ricordare che «anche i sindaci e i civici contano», specialmente in vista delle Regionali. La politica, si sa, è sempre una partita a scacchi, e nessuno vuole restare fuori.
La lista Zaia: la ciliegina sul conflicts
Ora, la chicca finale arriva da Treviso: la celebrazione della Lista Zaia, un’idea d’oro da affiancare a quella della Lega. Peccato che, inevitabilmente, si mangi qualche voto agli alleati. Comunque la vogliono. Lo stesso governatore sta pensando a una civica con il suo nome stampato sopra, perché non vi sia dubbio a chi appartengano i meriti e, soprattutto, il potere.
Stefani saggia: «Mi sento con Zaia tutti i giorni, abbiamo un ottimo rapporto». Parole che suonano un po’ come uno spot pubblicitario da centomila like. «Tutte le decisioni saranno prese insieme nelle sedi opportune, come il direttivo regionale di cui il presidente fa parte». Come dire: niente guerre aperte, ma pure niente garanzie di pace. La Lista Zaia è per loro un «patrimonio politico ed elettorale di grande trasversalità», un gioiellino da mettere sul tavolo per le trattative, non certo da tirare fuori a ogni capriccio. Ma la decisione finale? Ovviamente non è nelle mani di uno solo. Serve il tocco magico di Zaia, un «grande presidente», il cui consenso andrà valorizzato a dovere.
Insomma, la Lega ci tiene a far sapere che al tavolo con gli alleati porterà «le migliori carte possibili». Un modo elegante per dire: preparatevi a un’altra stagione di solite promesse, di giochi di potere e di quel teatrino che tanto amiamo chiamare politica veneta.


