Salvini a Torino: La presenza di 300 forze dell’ordine al cantiere Tav è indegna di una nazione civile

Salvini a Torino: La presenza di 300 forze dell’ordine al cantiere Tav è indegna di una nazione civile

Il vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, sembra essere in estasi per il via libera al progetto della tratta nazionale della Torino-Lione, eppure, come spesso accade nel mondo della politica, le affermazioni fatte lasciano spazio a una profonda riflessione sulle contraddizioni che permeano il discorso pubblico.

Infrastrutture e divisioni politiche

Durante la sua visita a Torino, Salvini ha dichiarato che «sulle infrastrutture la politica non si dovrebbe dividere». È curioso notare come questa affermazione derivi da un uomo della Lega, un partito noto per le sue posizioni forti e divisive. Ma chi potrebbe obiettare a favore di un’unità nel progresso infrastrutturale, se non per il fatto che in passato, proprio la politica ha spesso bloccato, frazionato e rallentato simili progetti?

Il cantiere e la sicurezza: un paradosso

Sarnello, il vicepremier si è lamentato del fatto che ci siano «300 uomini in divisa a presidiare un cantiere ferroviario». Qui si tocca un punto sensibile: da un lato si lamenta la necessità di una sicurezza eccessiva su un sito di lavoro, dall’altro si parla di come, appunto, il tempo e le risorse delle forze dell’ordine siano impiegate in modo discutibile. E se tanto tempo e sforzo sono dedicati a proteggere un cantiere, cosa dice questo della situazione della sicurezza nei quartieri popolari di Torino?

Respingere la vergogna

Quando si evidenzia che «è indegno di un Paese civile» dover fare i conti con questa realtà, si dovrebbe anche considerare che la questione della sicurezza è trasversale e non risolubile con una semplice dichiarazione. In effetti, sperare che «finisca questa vergogna» non basta: chiedere l’efficacia di composizioni di potere che dovrebbero affrontare ambienti particolarmente problematici è un passo fondamentale che non può rimanere in secondo piano.

La questione dei risarcimenti

Infine, l’idea che «si devono prevedere risarcimenti per le aziende private vittime di attentati» evoca un sorriso amaro. Si parla di responsabilità, ma rimane sempre il grande interrogativo: perché le aziende dovrebbero essere esposte a tali situazioni in un primo momento? Non è forse un segno di una rete di sicurezza e prevenzione che non funziona?» Un investimento milionario in infrastrutture non dovrebbe superare i costi legati a minacce alle aziende?

Così, mentre Salvini proclama l’unità in nome delle infrastrutture e l’importanza della sicurezza, ci rimane da chiedere: cosa succederà a questo progetto ora? Sarà chiamato a rispondere alle promesse, o si unirà al lungo elenco di iniziative mai realizzate? In un Paese dove le affermazioni e le azioni non sempre coincidono, le possibilità di soluzioni concrete rimangono, a dir poco, scarse. Eppure, le domande e le aspettative da parte dei cittadini rimangono vive e luminose come i lavori magari mai completati della Alta Velocità.

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