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Ruffini e l’associazione Più Uno: ma chi ha copiato davvero quel logo da quelle vecchie glorie dell’Ulivo?

16 Giugno 2025
Ruffini e l’associazione Più Uno: ma chi ha copiato davvero quel logo da quelle vecchie glorie dell’Ulivo?

Ah, che geniale colpo d’inventiva politica! Ernesto Maria Ruffini, ex direttore dell’Agenzia delle Entrate, ha deciso di intaccare il panorama italiano con un nuovo soggetto politico a dir poco stupefacente. Come? Deposita un simbolo che fa un chiaro, quasi imbarazzante, ammonimento nostalgico agli anni Novanta, ripescando dall’armadio il celeberrimo logo dell’Ulivo di Romano Prodi.

Sei caratteri blu “senza grazie” (perché, sì, la tipografia senza grazie è il tocco della modernità assoluta) e un apostrofo rosso a forma di trapezio capovolto: roba da fare invidia a una pubblicità anni ’90 per detersivi. È il logo di “Più Uno”, la creatura politica di Ruffini che, guarda un po’, sta già cercando di accaparrarsi consensi istituendo comitati in giro per l’Italia. Originalità e fantasia sicuramente non mancano.

Ma facciamo raffreddare l’entusiasmo: la cifra stilistica del logo non fa altro che rimandare, senza troppe remore, a quel lettering classico che Prodi si portò dietro di pari passo col lungo cammino dell’Ulivo, passando poi per i simboli dei “democratici” con asinello annesso e infine l’Unione. Insomma, un revival grafico che vuole riportarci a quella gloriosa epopea di “centrosinistra moderato e riformista”. Chissà se anche la sostanza politica seguirà quel sentiero, o se si tratta solo di un’efficace operazione nostalgia per turisti della politica.

Ernesto Maria Ruffini stesso, con una sincerità da far invidia a San Tommaso, lo dichiara senza peli sulla lingua: “Io sono cresciuto con i comitati per l’Ulivo.” Proprio così, niente di più chiaro di questo. Nel suo universo politico, si immagina un campo progressista, capace di sfornare un futuro diverso. Peccato che quel “futuro” spesso sembri chiamato a nozze con il passato più rassicurante e, diciamolo, un po’ stantio dell’Italia politicante.

Così, mentre il mondo va avanti tra nuove sfide e crisi globali, Ruffini e la sua “Più Uno” scommettono tutto sul vintage, puntando sulle vestigia di un centro-sinistra che già noi vecchi di politica ricordiamo con un misto di tenerezza e malcelata noia.

Moda politica o vero progetto?

Se il messaggio implicito è “torniamo ai bei tempi”, sarebbe interessante capire se i cittadini italiani, immersi in un presente sempre più complesso, abboccheranno davvero a questo richiamo vintage. O forse il nuovo “Più Uno” altro non sarà che un piccolo remake di un film già visto, destinato a rimbalzare tra i palazzi e le segreterie senza mai esplodere davvero sul grande schermo nazionale.

Insomma, il compito che si prefigge Ruffini è di quelli da veri eroi: fare da collante a un centristismo di sinistra che somiglia più a un gioco di ruolo che a un progetto politico credibile. E se il logo si limita a replicare scorci di passato, ci chiediamo se la politica italiana abbia davvero bisogno di un altro déjà vu o, piuttosto, di un’ondata di sana, vera innovazione.

Nel frattempo, la macchina dei comitati si avvia al lancio. E noi? Noi restiamo a guardare questo spettacolo tragicomico, dove la modernità si veste da anni ’90 e la politica sembra più un museo delle cere passate che un laboratorio di idee per il futuro.

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