Roma svela il suo Piano Clima che promette miracoli mentre il traffico resta un inferno

Roma svela il suo Piano Clima che promette miracoli mentre il traffico resta un inferno

Roma Capitale ha deciso di mettere un bel sigillo al suo brillante lavoro sul clima mostrando finalmente in Campidoglio il tanto atteso Label del Climate City Contract. Dopo l’approvazione di gennaio della super-strategia di adattamento climatico, si è pure definito il piano di decarbonizzazione previsto dalla fiaba delle 100 città europee “carbon-neutral and smart cities by 2030”. Una vera missione da eroi dell’ambiente, con l’obiettivo nobile di trasformare le città da produttori di smog a motori sostenibili.

Da notare la brillante coincidenza: Roma si è incollata in fretta a questo cartellino green esattamente alla metà del 2024, giusto in tempo per aggiungere un tocco di modernità alla sua (già magica) inefficienza urbana. Sarà un’impresa titanica — e certamente più rapida di un tram in orario — rendere tutto ciò concreto, ma il Label promette bene: basta solo chiudere un contratto climatico, e voilà, l’emergenza si risolve da sé.

Un piano che sa di déjà vu

La Strategia di Adattamento Climatico, presentata trionfalmente a inizio anno, ha tutta l’aria di un riepilogo già visto: mettere insieme parole ad effetto, qualche grafico colorato e promesse di cambiamento profondo. D’altronde, chi non ha mai sognato di essere “carbon-neutral” entro il 2030? Se vale per le 100 città europee, vale eccome per Roma, la città eterna che aspetta, da decenni ormai, di trovare una soluzione magica a traffico, inquinamento e burocrazia.

La vera sfida sarà trasformare le belle parole in fatti. Per esempio, quali sono le strategie specifiche? E i tempi? Speriamo che il “piano di decarbonizzazione” non si riduca al solito esercizio di facciata, con un’etichetta ben visibile ma priva di sostanza. Nel frattempo, i cittadini possono consolarsi pensando che la città è ufficialmente “carbon-neutral and smart”, anche se poi nella realtà fatica a essere smart anche solo nel garantire i servizi essenziali.

Promesse di cittĂ  green, tra realtĂ  e utopia

Il label del Climate City Contract suona come un passaggio obbligato per aderire a un’alleanza europea di cui tutti si vantano ma che, nella pratica, sembra una sfilata di buone intenzioni. La sfida è dare un taglio significativo alle emissioni, l’ossessione degli ambientalisti, anche se fino a ieri il traffico romano è sembrato più una gara di go-kart poco regolamentata che un modello di sostenibilità urbana.

Magari, nel frattempo, la Giunta potrebbe anche pensare ad accendere qualche lampada intelligente o a sistemare qualche cassonetto intelligente, funzionalità essenziali per rendere una città veramente “smart”. Ma non illudiamoci troppo, perché le smart city sono soprattutto quelle che sanno fare i numeri giusti nei documenti, meno quelle dove si può respirare aria pulita o muoversi senza un cantiere ogni due metri.

Ecco allora che la grande svolta climatica di Roma si riassume in una bella etichetta e tanta buona volontà, che però dovranno fare i conti con le mille contraddizioni di una capitale che, tra stagnazione politica e problemi infrastrutturali, difficilmente potrà diventare l’esempio europeo di decarbonizzazione che promette. Ma noi, si sa, siamo ottimisti per natura… o forse solo abituati a sopportare le illusioni made in Campidoglio.

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