Rilasciato Oreste Alberto Schiavo: l’imprenditore italiano finalmente fuori dopo un inverosimile soggiorno in carcere dal 2020

Rilasciato Oreste Alberto Schiavo: l’imprenditore italiano finalmente fuori dopo un inverosimile soggiorno in carcere dal 2020

Nel maggio 2024, dopo una lunga detenzione durata quattro anni, un signore di 67 anni, gravemente malato (ovviamente, nel momento giusto), è stato condannato in primo grado a ben 30 anni di reclusione per tradimento, finanziamento al terrorismo e associazione a delinquere. Una sentenza che sembra più un’epopea letteraria che un verdetto giuridico, no?

Il protagonista di questa storia, Oreste Alfredo Schiavo, non è un comune mortale; imprenditore con radici italiane, si trovava in Venezuela da anni, godendo di tutti i privilegi del caso… fino a che un bel giorno, il 8 giugno 2020, degli agenti del Sebin, il famoso Servicio bolivariano de Inteligencia nacional – e qui ci sarebbe da ridere – si sono presentati a casa sua. Dopo un interrogatorio che sarebbe piaciuto a molti registi di thriller, lui e un parente sono stati rilasciati da un alto ufficiale dei servizi del presidente Nicolas Maduro. Ma la calma è durata poco: quattro giorni dopo è finito in carcere, accusato di essere coinvolto in un tentativo di golpe, l’ormai leggendaria operazione «Gedeone». Qualcuno può spiegare come e perché si chiama così?

La sanzione del maggio 2024 è stata presentata come il drammatico capitolo finale di una saga seguita non solo dalla Farnesina, ma anche da stravaganti gruppi di “diritti umani” e dai media internazionali. Ma, come si suol dire, la realtà supera la fantasia: ieri, grazie a una serie di “contatti delicati e riservati” – che figurano nel mondo dell’intelligence come magici momenti telefonici – e alla mediazione della Comunità di Sant’Egidio, il signor Schiavo è stato finalmente liberato dalla prigione di El Helicoide. Che nome evocativo, giusto?

È stato lui, con il supporto di funzionari dell’ambasciata e del consolato d’Italia, insieme a personaggi di spicco come Rafael La Cava, ex ambasciatore venezuelano a Roma e ora governatore della regione di Carabobo (perché che ci vuole per ottenere il rilascio di un cittadino?), a convincere le autorità a liberare il 67enne. Dopo essere stato scortato in una clinica per accertamenti medici, ovviamente, data la sua salute precaria, c’è stata una sosta a casa per un caffè e poi via, in aereo verso Roma. Che finale poetico!

E ora? La liberazione di Schiavo potrebbe essere interpretata come un timido segnale di apertura da parte del governo di Maduro sulla questione dei detenuti italiani in Venezuela. Ah, i miracoli della diplomazia! Chi pensava che le buone maniere sarebbero mai state un fattore in questo gioco di potere? Ironia della sorte, ci troviamo di fronte a un governo che sembra preso dalla frenesia di dimostrarsi “umanitario” proprio nel momento in cui gli scandali non finiscono mai di esplodere.

La saga del cooperante Alberto Trentini, arrestato a fine 2024 e rinchiuso nel carcere di El Rodeo, è davvero una delle più incredibili di quest’epoca. Questo attivista veneziano si trovava in Venezuela con l’ong internazionale Humanity & Inclusion, perché è noto quanto gli attivisti umanitari amino improvvisarsi come supereroi in un contesto tanto pericoloso. Ma non è solo: ci sono anche altri due italo-venezuelani, Juan Carlos Marrufo Capozzi e Hugo Marino. Sì, perché chi non ha mai sognato di trovarsi in una situazione del genere con un ex militare e un investigatore aeronautico? Certamente, la vita è tutta un’avventura, giusto?

Marrufo Capozzi, arrestato con la moglie nel 2019, e Marino, che ha indagato su tragedie aeree di turisti italiani, sono lì per farci sentire fortunate, mentre noi ci preoccupiamo se il nostro caffè è troppo freddo. Ma non preoccupatevi! Ieri sera, alle 23 (ovvero alle 17 ora locale), Schiavo e la moglie sono finalmente riusciti a imbarcarsi su un volo diretto a Fiumicino. Magari con un po’ di fortuna, atterreranno prima di sentirsi completamente esausti dalla loro avventura in quella meravigliosa isola delle torture.

La storia di Schiavo non è proprio sulla bocca di tutti, almeno non quanto altri casi più “popolari”. Ma, attenzione, anche l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti umani ha deciso di buttare un occhio sulla sua detenzione, che, come dicono gli attivisti, avviene in un carcere tristemente noto per il suo arredo caratteristico: le camere di tortura. Ovviamente, in questi giorni, c’è ben poco da sottovalutare.

In base ai racconti dei movimenti umanitari, Schiavo è stato arrestato insieme a una novantina di altre persone nell’ambito dell’operazione «Gedeone», che, secondo l’accusa, prevedeva un sbarco di mercenari sulle coste venezuelane per prendere in ostaggio funzionari statali e rovesciare il governo di Maduro. Davvero geniale, non c’è che dire! Ma, parliamoci chiaro, quale sarebbe stato il contributo di questo imprenditore nel grande disegno? Mentre pensiamo a ciò, gli attori umanitari tessono una lunga trattativa segreta, perché si sa che le cose migliori della vita richiedono tempo e un pizzico di suspense.

Curiosamente, ieri sera, Sant’Egidio ha sentito il bisogno di ringraziare direttamente Maduro “per aver concesso la liberazione, con un atto di sua propria liberalità, per ragioni umanitarie”. Insomma, un gesto che trasuda generosità, considerando il contesto! È incredibile come le cose si risolvano quando c’è buon senso dietro, o forse un po’ di malizia? Chi lo sa?

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