Regionali in Puglia, la Lega gioca a nascondino senza simbolo mentre Vannacci risorge dal nulla

Regionali in Puglia, la Lega gioca a nascondino senza simbolo mentre Vannacci risorge dal nulla
Lega, con la sua consueta trasparenza da manuale, si sta arrovellando sul come presentarsi. La strategia? Potrebbe essere quella di tacere nome e simbolo, replicando il brillante copione delle amministrative di Taranto e Bari, dove evidentemente il non avere una faccia ben definita ha funzionato alla grande.

Il capogruppo regionale Giacomo Conserva, con la pacatezza di chi sta meditando un colpo di genio, confessa: «Stiamo valutando: il lavoro sulle liste è iniziato con il logo del partito, ma abbiamo avuto continue richieste dalla società civile di fare un passo indietro». Tradotto: quei benemeriti professionisti, quelli che non vogliono sporcarsi le mani con la classica etichetta da partito, hanno imposto il loro aut aut. Giusto per non scottarsi troppo, eh.

Insomma, la storia è questa: candidati civili che si sentono troppo puri per schierarsi ufficialmente con la mutandina verde della Lega. Quindi, la sfida, o meglio il casino, è elaborare liste che vadano bene a chi cavalca la politica ma senza apparire politica, roba da premio Nobel per la schizofrenia elettorale. Sempre per questo motivo, nelle recenti elezioni hanno puntato su nomi tutto sommato innocui, come «Prima Taranto» o quel poco ambizioso «Prima l’Italia con Fabio Romito». Per la Puglia, invece, si parla di lanciarci con uno scialbo «Prima la Puglia». Che fantasia, eh?

Nel frattempo, il palcoscenico pugliese si anima il prossimo mercoledì 25 con l’arrivo del brillante europarlamentare e vicesegretario nazionale della Lega, Roberto Vannacci, che si presenterà a Bari per un’edificante apparizione pubblica. Chissà se anche lui indosserà il mantello dell’anonimato politico o continuerà a sfoggiare la gloriosa bandiera del partito.

Giusto in concomitanza con questo siparietto, la questione nazionale si ripropone sul palco pugliese grazie al mitico ddl salva-consiglieri. Ultima chiamata per modificare un disegno di legge firmato dal senatore di Forza Italia, Dario Damiani, imposto come un decreto divino che manterrebbe in vita il numero di consiglieri regionali pugliesi invariato nonostante la decrescita demografica avrebbe dovuto tagliarli a 40. Roba da far impallidire persino le più fantasiose riforme del passato.

Naturalmente, la Lega non poteva mancare l’occasione per ficcare il naso, puntando a inserire un emendamento per concedere addirittura un terzo mandato ai governatori. Perché accontentarsi di due, quando si può proseguire a oltranza? Un’idea sicuramente rivoluzionaria nel panorama di quel poco che resta di democrazia in Italia.

Carroccio, dove le tensioni interne si sono fatte più esplosive di un falò estivo. Non solo, ma anche i rapporti con Forza Italia sembrano aver imboccato una strada piena di buche e tornanti. Insomma, un quadro da far invidia a una soap opera di basso profilo.

Ad esclusione di questo teatrino, il tanto celebrato ddl salva-consiglieri sta invece scivolando senza scossoni verso la vittoria: accolto con un caloroso abbraccio bipartisan, dall’arena del Quirinale fino al ring della commissione Affari istituzionali del Senato, rischia di passare come un treno ad alta velocità, e con meno opposizione di quella che si aspettavano i più ottimisti. A dire il vero, sembra essere l’unico raggio di sole in un cielo pugliese che continua a mostrarsi più grigio della nebbia londinese.

Sul fronte del centrosinistra, invece, le nuvole si addensano più fitte di un thriller politico. Domani, 23 giugno, il governatore Emiliano ha convocato un incontro con le varie anime della maggioranza, con l’obiettivo più arduo del momento: discutere della mozione di sfiducia proposta dal centrodestra. Questa, occorre ricordarlo, arriva dopo l’ultimo spettacolo fallimentare in Consiglio Regionale, una recita che ha deluso persino gli standard più bassi del palcoscenico politico.

Di certo, le opposizioni al momento non dispongono dei 26 voti necessari per far cadere il governo regionale, e per ora Emiliano si crogiola in questa serenità – o forse solo in un’illusione benevola. Ma diciamolo senza peli sulla lingua: il semplice fatto che il centrodestra non riesca a rafforzare i propri muscoli, fermandosi al pareggio dei 30 voti registrato un anno fa, è più un campanello d’allarme che un motivo per brindare alla salute della maggioranza.

Non potevano mancare i commenti piccanti dei protagonisti. Il capogruppo di Fratelli d’Italia, Renato Perrini, ha deciso di lanciare una sfida decisamente poco velata a quelle anime ribelli del centrosinistra e al Movimento 5 Stelle: un appello a fare almeno un “sussulto di dignità”, cioè firmare quella mozione di sfiducia per mostrare una qualche coerenza politica (che a questo punto sembra un miraggio).

Nel frattempo, non si è fatto attendere l’eco dell’amico di avventure di Forza Italia, Paride Mazzotta, che ha invitato i consiglieri della sinistra “non radicale” a una benedetta presa di posizione. Come? Invitandoli a considerare l’alleanza del centrodestra come la loro “casa naturale”, il luogo dove i moderati possono finalmente ritrovare un po’ di quella buona politica tanto sbandierata ma raramente praticata.

Ecco dunque servito il menu politico pugliese: un piatto miscelato con contraddizioni, appelli disperati e strategie alquanto fumose. Nel frattempo, la regione assiste a questo balletto di opportunismi con la stessa incredulità di chi guarda un circo di dilettanti senza biglietto ma con popcorn in mano.

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