Vincenzo De Luca si diletta a scaricare la patata bollente nelle mani del Governo, mentre finge di temporeggiare con la solita serenità teatrale. Il presidente della Campania, infatti, non vuole assolutamente che la sua legislatura finisca come previsto, ossia con lui che lascia la sedia di palazzo Santa Lucia. La scusa? Ovviamente, il famigerato bilancio preventivo, tema ricorrente e perfetto per far risuonare l’allarme paralisi amministrativa.
«Decide il Governo», taglia corto De Luca, come se l’autonomia di una regione fosse solo un optional da mettere in soffitta quando conviene. Ma non soddisfatto, rincara la dose spiegando che nella “illuminata” ultima riunione della Conferenza delle Regioni, il presidente del Friuli-Venezia Giulia, Fedriga, avrebbe detto cose ovvie, come l’impossibilità materiale di approvare i bilanci nelle regioni sul punto di votare. Ecco il capolavoro di coerenza:
“Se dobbiamo andare a votare in questi termini, per me non c’è alcun problema, basta che si sappia che non si approveranno i bilanci di previsione e, dunque, si paralizzerà l’attività normale di programmazione di finanziamenti delle Regioni interessate. Noi più che segnalare i problemi non possiamo fare anche per evitare i commenti idioti da parte di qualcuno che pensa che stiamo tirando i tempi.”
Ah, la sublime arte di lamentarsi senza prendersi responsabilità, e poi difendersi dalle accuse di “tirare a campare”. Infine, la perla finale da collezione: «Abbiamo segnalato un problema oggettivo. Ed è un problema dell’Italia se cinque regioni non approvano i bilanci di previsione. Comunque possiamo vivere tranquilli lo stesso. Io dormo sereno».
Un messaggio promozionale per chi cerca sonni tranquilli in mezzo al caos, evidentemente. Secondo la normativa regionale, le elezioni dovrebbero svolgersi entro 60 giorni dalla fine della legislatura, che quest’anno cadrebbe a fine novembre o massimo i primi di dicembre. Oh, che coincidenza! Proprio il momento in cui De Luca fa l’ennesima riscrittura del copione, mitizzando lo slittamento di quattro mesi dovuto al Covid come giustificazione perfetta per non rispettare tempi e scadenze.
Se in Campania si sarebbe dovuto votare a maggio e invece si è votato a settembre, allora tutto si sposta e niente si decide. Così, la regione passerà mesi in esercizio provvisorio, incatenata all’ordinaria amministrazione, incapace di programmare qualsiasi cosa. Un bel pastrocchio organizzativo camuffato da tragedia nazionale, accompagnato da un’invettiva contro «una concentrazione di idioti unica al mondo» (fortunatamente detto da lui, altrimenti sarebbe un’offesa gratuita). Ma, sorpresa, nessuno risponde o vuole dialogare. Ovvero, «non si sa con chi parlare».
Per adesso la data rimane avvolta nel mistero. E, immancabilmente, il dubbio riguarda pure se i sindaci, alleati e pedine politiche in questa partita, potranno partecipare o meno. Cautelarsi è il verbo del giorno: due primi cittadini importanti, Giorgio Zinno di San Giorgio a Cremano e Ciro Buonajuto di Ercolano, hanno già gettato la spugna, dimettendosi in vista della competizione regionale, entrambi calcolati come pedine di centrosinistra, l’uno democratico, l’altro più renziano.
L’opposizione non nasconde il sarcasmo
Non poteva mancare la controreplica tagliente del centrodestra, con Fulvio Martusciello, eurodeputato e segretario regionale di Forza Italia, perfetto portavoce delle attese, amarezze e sarcasmi del fronte avverso. “Marche e Toscana”, ricorda con sussiego, “voteranno a settembre, lì i presidenti non chiedono proroghe.” In Campania, invece, le elezioni restano un mistero degno di un romanzo giallo.
Martusciello non perde occasione per stuzzicare:
“De Luca è scappato con il calendario e a luglio ancora non sappiamo quando si voterà. La data delle elezioni non appartiene a lui, ma ai cittadini campani.”
Sintesi perfetta: tutto si muove, tranne il calendario elettorale, che De Luca sembra aver rapito per tenerlo in ostaggio fino a data da destinarsi. L’opposizione boccia senza appello qualunque legge nazionale che possa modificare durata o scadenze della legislatura. E, tanto per dire, rammenta il pensiero del presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani, Gaetano Manfredi, che ha ribadito la possibile incostituzionalità di qualsiasi forzatura.
Ma si sa, in politica la costituzionalità è un optional quando serve.
Martusciello chiude con un tono evidentemente benevolo:
“De Luca ci dica finalmente quando si vota. Per noi, tranne il 23 novembre, data infausta per la Campania per il quarantacinquesimo anniversario del terremoto dell’Irpinia, va bene qualsiasi giorno.”
Insomma, l’unica certezza rimane la suspense da telenovela e la proverbiale voglia di chiarezza che in Campania continua a rispondere con silenzi, rimpalli e qualche insulto più o meno velato nei confronti degli “idioti” senza nome. La campagna elettorale? Magari si farà, prima o poi, se e quando qualcuno deciderà finalmente di fissare una data che non sia segreta.


