Referendum, i quattro quesiti sul lavoro: perché più protezioni dovrebbero trasformare le aziende in fortini inespugnabili.

Referendum, i quattro quesiti sul lavoro: perché più protezioni dovrebbero trasformare le aziende in fortini inespugnabili.

«Si vota per se stessi, per i propri interessi e per le proprie tutele». Questo è l’illuminante appello di Andrea Grosselli, segretario della Cgil del Trentino, che da settimane si prodiga per far sentire la propria voce sull’imminente tornata referendaria. Perché, ovviamente, non se ne parla affatto nei mezzi di comunicazione, come se il mondo stesse aspettando proprio quel momento magico per occuparsi di licenziamenti illegittimi e contratti precari.

Il messaggio di Grosselli è chiaro: questo voto non riguarda un’ideologia, bensì i portafogli e gli interessi privati. Potrebbe anche, e qui viene da ridere, migliorare la competitività delle aziende. Un divino colpo di genio, quindi, girare il dado e sperare che i risultati siano un tuffo nel futuro migliore, in cui i diritti dei lavoratori non sono un miraggio, ma una realtà. Che sogno!

Il quorum e le contraddizioni

Ma parliamo del quorum, quel fantastico strumento che decide se una legge è valida o meno a seconda di quanti si alzano dal divano per votare. Dei cinque quesiti referendari, i primi quattro, naturalmente, sono stati proposti dalla Cgil, che ha raccolto più di 4 milioni di firme, come se bastasse un numero magico per ottenere il rispetto dei diritti. «Questa volta non si vota per qualcuno, ma per qualcosa» ha spiegato il nostro eroe, Grosselli. Sembra quasi poetico, no?

Lo spettro che aleggia sopra il referendum è, appunto, il tanto amato quorum. Una condizione che, secondo la Uil del Trentino, necessita di riforma. Incredibile, ma vero: abbiamo sindaci eletti con percentuali ridicole che amministrano l’intero comune, mentre un referendum per abrogare una norma deve raggiungere il 50%+1 di voti. Per chi non lo sapesse, così strutturato, il referendum rischia di non raggiungere alcun obiettivo. Magari il segreto è dare un premio di partecipazione, chi lo sa.

I licenziamenti e l’indennità

Vediamo ora in che modo i quattro quesiti affrontano il tema delle famose «tutele». Il primo punto riguarda l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti. Un argomento scottante, visto che è un modo carino per dire: “Vogliamo che i licenziamenti siano più semplici”, giusto? Certo, perché ciò che tutti desiderano è una maggiore facilità nel mandare a casa i lavoratori. Chissà, magari un altro passo per il futuro radioso che ci attende nei sogni di Grosselli.

Il contratto a tutele crescenti del Jobs Act ha portato a una situazione piuttosto curiosa: nelle aziende con più di 15 dipendenti, i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in avanti si ritrovano in un limbo strano. Dopo un licenziamento illegittimo, il loro ritorno al lavoro non è garantito, nemmeno se il giudice dichiara che, beh, avevano tutte le ragioni per rimanere. Inutile dire che il nonnismo dei licenziamenti continua felicemente a prosperare. Grosselli si è affrettato a chiarire che «qui non parliamo di licenziamenti per motivi economici o disciplinari, quelli restano legittimi». Eccezionale, vero?

Già, e parlando di referendum, la Uil ha approvato serenamente questa giostra di contraddizioni. Il secondo quesito, però, è il vero capolavoro. Anche se il referendum non dovesse passare — spoiler: non siamo tanto ottimisti — la Corte Costituzionale sta per esprimersi sull’abrogazione della legge entro la fine di giugno. Il quesito riguarda la rimozione del tetto all’indennità per i licenziamenti nelle piccole imprese con meno di 16 dipendenti. Attualmente, in caso di licenziamento illegittimo, un lavoratore può ricevere un massimo di sei mensilità di indennizzo. Perché non togliere del tutto questo vincolo e lasciare magico potere ai giudici di decidere quanto pagare? Grosselli chiarisce che ciò potrebbe basarsi non solo sull’anzianità del lavoratore, ma anche sulla solidità economica dell’azienda. Perché, come sappiamo, ci sono piccole imprese del settore hi-tech che nuotano nell’oro.

Passando ai temi più urgenti, il terzo quesito si occupa di quel meraviglioso universo del lavoro precario, dove giovani e donne si trovano a giocare a un gioco con poche regole. Il referendum vorrebbe ripristinare l’obbligo di motivazioni per i contratti a tempo determinato, che oggi sono esenti da qualsiasi spiegazione per i primi 12 mesi. Ma non temete: Grosselli assicura che «le aziende del turismo e dell’agricoltura potranno continuare a fare contratti a termine, ma con giustificazioni». Finalmente, ci sentiamo tutti più al sicuro!

Il quarto quesito riguarda la salute e la sicurezza sul lavoro. Con questo referendum, si propone di cambiare le norme che attualmente impediscono che in caso di infortunio in appalto, la responsabilità ricada anche sull’impresa appaltante. I sostenitori del referendum sostengono che questa modifica dovrebbe stimolare le aziende a investire e crescere per gestire meglio i processi lavorativi. In altre parole, fatevi avanti, investitori, il rischio è alto e i ritorni potrebbero essere eccezionali.

Ma quali ripercussioni potrebbe avere il referendum se passassero i quesiti sul lavoro? Grosselli ha chiarito che al momento per le imprese è un gioco da ragazzi assumere, dato che i costi sono ridotti al lumicino e si sentono quasi obbligati a fare contratti a termine, sapendo che possono liberarsi dei lavoratori senza troppi problemi. Tuttavia, si dimenticano di investire seriamente nel capitale umano e nella produttività. Un vero limite alla crescita, non credete? In Italia si resiste grazie agli investimenti del Pnrr, che, giusto per chiarire, non finiranno prima del 2026. E così, come al solito, è evidente che ci manca una vera politica industriale.

Il sindacato spera che aumentando le tutele per i lavoratori, si possa indurre le aziende a diventare più solide, più strutturate e, perché no, anche più competitive. Magari un giorno, chissà, alziamo il livello del nostro mercato del lavoro. Nessun miracolo, solo un po’ di sano pragmatismo. Ma nel frattempo, ci accontentiamo di sognare e sperare!

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