È questa la scoperta dell’Ufficio studi della Cgia, che ha calcolato come nel 2024 una famiglia-tipo italiana composta da due lavoratori dipendenti (marito e moglie) con un figlio a carico si veda appesantita da un carico fiscale totale pari a ben 20.231 euro. Pare una cifra da capogiro, ma vediamo come si distribuisce questa splendida festa di tasse.
L’esempio scelto è quello di una famigliola modello: marito e moglie dipendenti con un figlio, due auto che macinano 15.000 chilometri l’anno ciascuna, un appartamento di proprietà di 110 mq e un Isee stimato attorno ai 22.834 euro. I risparmi non mancano: 60.000 euro tra conto corrente e titoli di Stato. Le addizionali Irpef sono state calcolate usando le medie nazionali, mentre per la Tari si è scelto di prendere quella del Comune di Milano, perché ovviamente tutto il mondo è paese, e Milano è eccellenza fiscale.
Mettendo le carte in tavola, scopriamo che 12.504 euro di questa torta fiscale vengono raschiati via alla fonte: ritenute Irpef, contributi previdenziali e via dicendo, che rappresentano il 61,8% del totale. Ma non basta: altre componenti “nascoste”—Iva sugli acquisti, accise, il contributo al Sistema Sanitario Nazionale calcolato sull’Rc auto, la tassa Rc auto stessa, canone Rai e compagnie varie—portano nelle casse dello Stato altri 7.087 euro (un ulteriore 35%).
Quindi, in parole povere, dai due stipendi lordi di questa coppia spariscono 19.591 euro, cioè il 96,8% di tutto quello che la famiglia verserà al fisco. Il resto, meno di 640 euro, è quello che il portafoglio deve davvero aprire: bollo auto e Tari, che non sfondano nemmeno il 3,2% del carico fiscale complessivo. Insomma, la maggior parte del bottino lo vedono prima che questa famiglia si accorga di averlo perso.
Se questo sistema sembra quasi un miracolo fiscale, è utile sottolineare la disparità con i lavoratori autonomi, chiamati a pagare in modo molto più deliberato e diretto la totalità delle tasse. Questo fa sì che esplodano in loro sentimenti di odio verso il fisco ben più radicali rispetto ai dipendenti, che invece subiscono il prelievo senza nemmeno rendersi conto di quanto siano spennati.
La conclusione è spietata e merita una riflessione: l’Irpef, che rimane la imposta più sostanziosa nel gettito statale, si conferma anche come la più subdola, attaccando i cittadini quasi a tradimento, nascosta nella busta paga – pronta a far sanguinare le famiglie senza nemmeno il decoro di un bonifico o di una coda allo sportello.
Facciamo un rapido giro tra i contribuenti Irpef, quei 42,5 milioni di anime che gravano sulle spalle dello Stato. Quasi 24 milioni sono lavoratori dipendenti, 14,5 milioni pensionati (sempre più stanchi, ma mai troppo per alzare lo scontrino fiscale), 1,6 milioni lavoratori autonomi e un altro milione e mezzo gioca con affitti, terreni, buoni del tesoro e quant’altro. Nel panorama geografico, la palma d’oro del contributore più prolifico va a Roma: con 2,9 milioni di contribuenti, di cui oltre centomila autonomi che magari si chiedono come sopravvivere a questo delirio fiscale. Seguono Milano con 2,5 milioni (e 96.260 autonomi) e Torino con 1,6 milioni (62.000 autonomi). Insomma, le grandi città sembrano palestre aperte di incassi statali, inevitabile meravigliarsi se poi si sente odore di evasione ovunque.
La pressione fiscale italiana nel contesto europeo: la nazionale da podio senza medaglia
Secondo quel geniale osservatorio che è la Cgia, siamo un esempio brillante… di come farsi tartassare con eleganza in Europa. Nel 2024, il nostro amico Danimarca ha deciso di spremere il suo popolo fino al 45,4% del PIL, seguito a ruota da Francia (45,2%), Belgio (45,1%), Austria (44,8%) e Lussemburgo (43%). E noi? Eccoci, fieri al sesto posto con un cospicuo 42,6% del PIL, giusto per far capire che anche noi siamo nel club degli Stati più affamati.
Ma ancor più esilarante è vedere come i nostri “competitor commerciali” si comportano: la Francia ci sconfigge con una pressione fiscale leggermente più alta, mentre la Germania “solo” 40,8% (che generosità, 1,8 punti in meno!), e la Spagna, tra un sangria e l’altra, si gode un bel 37,2%, ben 5,4 punti meno di noi. La media europea? Un dolce 40,4%, comunque inferiore di 2,2 punti rispetto al nostro bellissimo primato nazionale. Insomma, siamo il campione mondiale di quanto può piovere sulle vostre teste senza che piangiate forte abbastanza da scoraggiare il fisco: applausi.



