Quando l’altare diventa un palco politico: don Vitaliano Della Sala e la bandiera palestinese che non t’aspetti

Quando l’altare diventa un palco politico: don Vitaliano Della Sala e la bandiera palestinese che non t’aspetti
Contro ogni banalità, il parroco di Mercogliano schiera la bandiera palestinese sull’altare

Chi l’avrebbe mai detto che un parroco potesse diventare un maestro di tattica mediatica? Dopo aver mostrato la bandiera ucraina due anni fa – perché ovviamente nel mondo delle guerre alcune vittime meritano manifestazioni di solidarietà più di altre – don Vitaliano Della Sala, parroco a Mercogliano, provincia di Avellino, ha deciso ieri di dare spettacolo esponendo la bandiera della Palestina sull’altare durante la messa della domenica. Una mossa tanto coraggiosa quanto prevedibile da colui che, ai tempi del G8 di Genova, si guadagnò il titolo di “prete no-global”.

Alla sua maniera, don Vitaliano spiega il suo “schieramento”: “Era da tempo che volevo farlo, ieri ho deciso di prendere posizione. Ho ricordato il Vangelo che ci esorta a stare sempre dalla parte delle vittime, e io sono accanto ai palestinesi.” Parole da manuale di perfezione morale che però rischiano di fare scalpore più per la bandiera sventolata che per il contenuto dei sermoni.

Chiarisce subito che la bandiera rappresenta “un popolo, non Hamas”, quasi ci servisse un manuale per distinguere vittime e presunti colpevoli in un conflitto così intricato. “Difendo tutte le vittime della guerra,” dice, così genericamente da sembrare che la sofferenza abbia finalmente smesso di essere una questione a geometria variabile. E, udite udite, avrebbe anche difeso le vittime israeliane degli attacchi del 7 ottobre, perché, precisazione fondamentale per evitare fraintendimenti, “non sono contro gli ebrei”.

Ecco la grande scommessa di don Vitaliano: evitare che la sua equazione di pietà per i palestinesi venga immediatamente bollata come antisemitismo. Un gioco di equilibrismo che, negli ultimi anni, sembra essere la vera passeggiata sulle acque in materia di opinioni politiche. Sfortunatamente per lui, ricordare che “i palestinesi non hanno nulla a che fare con i terroristi” è un tentativo che sa più di confessione da confessionale che di diplomazia pubblica.

Sempre pronto a lanciare qualche frecciatina a Benjamin Netanyahu e alle politiche governative israeliane, il parroco conclude con una speranza: “Spero che tutto questo finisca presto.” Come se fosse davvero così facile spegnere un conflitto che resiste da decenni tra bandiere, parole di conforto e prese di posizioni religiose simbologie, mentre intorno muoiono vite e si consumano drammi reali.

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