Quando l’abuso diventa solo una formalità: il Tribunale benedice il patteggiamento di Richeldi

Quando l’abuso diventa solo una formalità: il Tribunale benedice il patteggiamento di Richeldi

Il tribunale di Roma ha accolto con grande entusiasmo la richiesta di patteggiamento della difesa del professor Luca Richeldi, primario di pneumologia al Policlinico Gemelli, accusato di violenza sessuale su una paziente. Dopo una lunga attesa degna di una soap opera giudiziaria, i giudici hanno stabilito una pena da far invidia a un pagherò: undici mesi e dieci giorni di detenzione, corredata da un ciclo bisettimanale di assistenza psicologica la cui sede verrà stabilita il 20 novembre. Ecco il futuro “riabilitativo” del luminare medico italiano.

In una nota dalla retorica studiata a tavolino, il professor Carlo Bonzano, avvocato difensore insieme all’avvocatessa Tatiana Minciarelli, ci regala un capolavoro di agilità interpretativa: il patteggiamento, spiega, “prescinde dal merito dei fatti”. Come dire: “Non è che lo consideriamo colpevole, ma tanto mettiamo già una firma e andiamo avanti”. Lo stesso Richeldi continua a professarsi innocente, ignorando la fastidiosa invadenza della giustizia che sul caso ha disegnato una accusa – per dirla in termini legali – di “lievità”.

Non manca poi la spiegazione delle “ragioni umane”: la scelta del patteggiamento avrebbe evitato, si dice, lo stress mediatico del processo. Tranquilli, dunque, i processi penali saranno più che mai audience-friendly, e ovviamente ben calibrati per non scompigliare troppo la carriera e la reputazione di certi giganti della sanità pubblica. Non mancherà qualche perplessità sul fatto che vicende di questa gravità vengano così “ridimensionate” a misura d’uomo – o di primario – con un tranquillo gli daje in punta di penna.

La voce della parte civile: un invito tra speranze e pragmatismo

Dall’altra parte della barricata, la donna che ha denunciato Richeldi non perde occasione per spronare tutte le vittime di violenza a non tacere. Con rinnovata forza, sottolinea come il percorso iniziato tre anni fa sia stato “molto difficile dal punto di vista psicologico e umano”, per poi arrivare, finalmente, a una condanna, seppur concertata con un patteggiamento.

Ilenia Guerrieri, avvocatessa della parte civile, ci ricorda che, anche se si tratta di un accordo sulla pena, una condanna a undici mesi rimane una condanna, e il percorso previsto per Richeldi è niente meno che un trattamento obbligatorio per “sexual abuser”. Un dettaglio niente affatto banale, specie in un clima giudiziario dove la realtà spesso si presta a stravolgimenti e smussature di comodo.

In sintesi, abbiamo un primario accusato di una gravissima violenza, che evita il processo pieno con un patteggiamento di comodo; una vittima che invita alla denuncia e non si arrende; e una giustizia che si preoccupa, soprattutto, di non fare troppo rumore. Del resto, perché complicarsi la vita? Meglio un patteggiamento che salva facce, carriere e salute mentale degli imputati, mentre le presunte vittime si tengono un bottino di giustizia a rate.

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