È iniziata la nuova fase di esperimenti alle Dolomiti Venete, quelle meraviglie alpine proprio al confine con il Trentino, per il progetto “LoRa Snow”. L’obiettivo? Sviluppare una tecnologia wireless che, udite udite, dovrebbe aiutare a trovare chi si perde sotto una valanga. Mica poco.
Il progetto, di quelli di cui sentirvi subito fortunati di sapere, è orchestrato dal Wireless Networks Lab dell’Istituto di scienza e tecnologie dell’informazione “A. Faedo” di Pisa (parte del CNR-Isti), in collaborazione con il servizio ReMoTe dell’Area della ricerca del CNR di Pisa e il Pervasive Electromagnetic Lab dell’Università di Roma Tor Vergata. Il sogno è un dispositivo portatile a bassi consumi, montabile su droni, che possa localizzare velocemente e da grandi distanze le persone sommerse dalla neve.
Il ricercatore Michele Girolami, mente dietro il progetto, ci delizia con la spiegazione:
“La sperimentazione gioca sull’unione di due tecnologie già esistenti: la prima è quella dell’Artva, un dispositivo obbligatorio per chiunque osi frequentare la montagna quando la neve mina alla sicurezza. Questo apparecchio manda un segnale radio che copre solo qualche decina di metri, dando stime sulla posizione del disperato portatore. La seconda è la tecnologia LoRa, che invece può trasmettere segnali radio per centinaia di metri. L’idea è unirle per permettere alle squadre di soccorso un primo contatto radio molto più distante di quanto oggi sia possibile, facilitando così la caccia al sepolto e il suo disseppellimento.”
Piccolo dettaglio: la tempistica fa la differenza tra la vita e niente. Girolami ci ricorda che:
“Nei primi 15 minuti le possibilità di salvare una persona sotto la neve sono alte, ma calano radicalmente subito dopo, visto che la riserva d’aria scarseggia velocemente. È quindi fondamentale dimezzare i tempi di localizzazione.”
Ma non è tutto. Sappiate che trovare qualcuno sotto una valanga non è una passeggiata nel bosco: il segnale radio deve farsi strada attraverso metri di neve, diversa sempre nel proprio spessore e composizione. Perciò, una tecnologia che allunghi la portata della richiesta di soccorso farebbe miracoli per le chance di salvataggio.
Tra i protagonisti di questa epopea scientifica, c’è anche l’Università di Roma Tor Vergata. Il gruppo di ricerca guidato da Gaetano Marrocco, docente di Campi Elettromagnetici al dipartimento di Ingegneria civile e Ingegneria, sta mettendo a disposizione i propri cervelli per perfezionare questa magia tecnologica.
Il matrimonio dell’Artva e della LoRa: Quando due tecnologie si baciano per salvarti la pelle
Quindi, i soccorsi in montagna potranno finalmente smettere di affidarsi a segnali radio dall’efficacia da secolo scorso, e abbracciare una soluzione futuristica che sfrutta il meglio di due mondi: il tradizionale Artva, fidato ma limitato, e la nuova LoRa, capace di distanze da guinness.
Ovviamente, avete presente come funziona il destino quando si parla di innovazione in Italia: rimane da vedere quanto in fretta passerà dalla sala del laboratorio all’effettiva tasca degli escursionisti. I tempi in cui qualcuno si salva perché la tecnologia funziona come promesso sono ancora un miraggio da inseguire, ma almeno qualcuno si dà da fare.
Le sfide di una neve implacabile: segnali radio e metri di intrighi
Non dimentichiamo il vero antagonista di questa sfida: la neve stessa. Parliamo di un materiale che non si fa certo prendere in giro da ondate radio, e anzi si diverte a far sparire nel nulla ogni segnale con la complicità del suo spessore variabile. Ogni centimetro influisce, ogni grado di umidità è un nemico.