Quando la pietà diventa business: arriva la Fondazione Sigenp per i piccoli malati cronici

Quando la pietà diventa business: arriva la Fondazione Sigenp per i piccoli malati cronici

Il concetto che i bambini non siano semplicemente adulti in miniatura dovrebbe essere ovvio, ma evidentemente non lo è, dato che per anni i pediatri si sono visti costretti a somministrare farmaci adattando semplicemente il dosaggio in base a peso ed età, senza avere studi specifici che confermassero sicurezza ed efficacia. La situazione è particolarmente surreale quando si tratta di patologie croniche complesse (Cmc), che colpiscono un bambino su 200 tra 0 e 16 anni, o di nutrizione infantile, un campo vasto e sorprendentemente trascurato. Per porre rimedio a questi buchi neri arriva la Fondazione Sigenp, appena presentata a Milano, con un’illusione: forse la ricerca pediatrica può smettere di essere un labirinto oscuro gestito quasi esclusivamente dall’industria farmaceutica.

Claudio Romano, presidente della Sigenp (Società italiana di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica) e mente della nuova Fondazione, ha chiarito le intenzioni con parole da santo protettore della scienza indipendente: “Abbiamo costituito questa Fondazione per promuovere la ricerca indipendente in pediatria, specialità in cui sono molte le zone grigie per difetto di studi specifici”.

“Il nostro obiettivo,” continua, “è rivoluzionare il modo di fare ricerca nel nostro settore, rompendo il monopolio quasi totale dell’industria farmaceutica sugli studi clinici. E speriamo che anche altre società scientifiche ci seguano in questa nobile impresa”.

Un parterre de roi di esperti era presente a questa pomposa inaugurazione: Rino Agostiniani, presidente della Sip (Società italiana di pediatria), Annamaria Staiano, presidente dell’Espghan (European Society for Paediatric Gastroenterology Hepatology and Nutrition), insieme a tanti altri rappresentanti di società scientifiche e associazioni di pazienti, pronti a applaudire e annuire.

Romano ha puntualizzato senza giri di parole che “solo circa un terzo dei medicinali usati per i bambini è stato effettivamente testato su pazienti pediatrici. Di conseguenza, i pediatri si ritrovano spesso a prescrivere farmaci basandosi su dati di sicurezza ed efficacia incompleti o del tutto assenti.”

Colmo del paradosso, se un farmaco funziona per gli adulti, spesso la ricetta è: prendi la dose adulta e schiacciala secondo il peso o l’età del piccolo senza certezze. Ma attenzione: i bambini crescono, cambiano, si trasformano, e tutto questo influenza il modo in cui il loro organismo assorbe, metabolizza e smaltisce il farmaco. Ovviamente questo devastante dettaglio viene ignorato, e lo stesso vale per la farmacodinamica che determina quanto il farmaco sia efficace e sicuro in quella fascia d’età.

Silvio Garattini, farmacologo e presidente dell’Istituto Mario Negri di Milano, è stato lapidario: “Il paziente pediatrico è un organismo in continua evoluzione con caratteristiche uniche, diverse dall’adulto anche nella risposta ai farmaci. La ricerca in farmacocinetica pediatrica è quasi inesistente e, per di più, confinata quasi esclusivamente al sesso maschile. Una follia se si pensa che i farmaci dovrebbero essere studiati in egual misura su maschi e femmine.”

Ovviamente la Fondazione Sigenp mira a colmare questo abisso di ignoranza e a imporre una rivoluzione culturale e scientifica, sperando di trasformare la pediatria da cenerentola degli studi clinici in una specialità finalmente all’altezza dei bambini a cui si rivolge.

Ah, finalmente una novità scintillante nel mondo scintillante della ricerca medica pediatrica! Pare che la nostra amatissima Fondazione Sigenp abbia deciso di catapultarsi nel firmamento scientifico con un progetto di “ampio respiro”. Insomma, non solo plaid e teddy bear per i piccoli pazienti, ma anche una seria intenzione di fare sul serio, si spera. La parola d’ordine? Favorire il progresso scientifico, sostenere la ricerca e, ciliegina sulla torta, promuovere una collaborazione “etica” tra ricercatori e istituzioni. Già solo quest’ultima promessa fa scappare un sorriso amaro, considerando il panorama nostrano.

Dicono che l’obiettivo sia principalmente quello di migliorare diagnosi, terapie e percorsi di cura per i bimbi afflitti da patologie croniche del tratto gastrointestinale. Patologie cresciute “esponenzialmente” negli ultimi decenni, ma solo ora ci svegliamo e decidiamo di correre ai ripari. Inevitabile chiedersi dove fossero queste lucide menti prima che i numeri diventassero così spaventosi.

Per non farsi mancare nulla, si menzionano le “condizioni croniche complesse”: un magnifico buffet di malattie rare e degenerative, sindromi genetiche, malformazioni congenite, grave prematurità, patologie croniche o acute, insufficienza respiratoria, paralisi cerebrale, patologie neurologiche. Insomma, l’intero campionario del dramma pediatrico, tutto raccolto con ciliegina sull’ipocrisia, come un pacchetto regalo da destinare alla nostra ricerca che, guarda caso, si scopre essere quasi un miracolo dell’impegno in Italia.

Ilaria Garattini commenta con lo spirito che merita la situazione: «Ben vengano dunque le fondazioni che aiutano a fare ricerca sui benefici e sui rischi con studi clinici specifici sui bambini». Parole sante, peccato che la ricerca indipendente rimanga ancora una chimera nel nostro povero Paese. I numeri sono quelli che sono: la metà dei ricercatori per milione di abitanti rispetto alla media europea e finanziamenti risicatissimi. Naturalmente, lo Stato italiano continua a pensare che investire in ricerca sia una spesa, non un investimento. Che simpatico modo di vivere al limite del paradosso!

Se dovessimo fare un confronto, la Francia, nostro vicino un po’ più previdente, spende ben 22 miliardi di euro in più all’anno per la ricerca nel settore sanitario. Non male come modo per accelerare progressi, no?

Alberto Mantovani, presidente della Fondazione Humanitas e vicepresidente del Consiglio superiore di sanità, ci fa il piacere di concludere con un auspicio poetico: serve ricerca, serve che una società scientifica come Sigenp “gemmi” una fondazione che si dedichi direttamente alla ricerca, proprio come accade oltralpe. Che bel pensiero! Peccato che queste iniziative arrivino così in ritardo, come quei regali dell’ultimo minuto fatti con troppa fretta e poca convinzione.

E così, tra un po’ di retorica, qualche numero allarmante, e la solita triste consapevolezza degli sforzi mancati, siamo pronti a vedere se questa nuova fondazione sarà l’eroe che tutti auspicano o l’ennesima anatra zoppa di un sistema bloccato tra burocrazia, scarsa lungimiranza e, diciamolo pure, un pizzico di rassegnazione nazionale.

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