Quando la musica fa schifo: finalmente spiegato perché alcuni odiano le canzoni

Quando la musica fa schifo: finalmente spiegato perché alcuni odiano le canzoni

Quando una canzone estiva si insinua nella testa fino a diventare un tormentone impossibile da scacciare, o quando una colonna sonora lacrimevole ci blocca davanti alla Tv, la musica dimostra il suo potere di toccare le corde più profonde dell’anima. Eppure, c’è un manipolo di individui che, con orecchie perfettamente funzionanti, resta imperturbabile di fronte a tutto questo. Non provano gioia, nessun brivido, nessun piacere: è come se la musica fosse per loro aria fritta.

Questa inattaccabile indifferenza musicale ha un nome altisonante: anedonia musicale specifica. Tradotto, significa che nel cervello di queste persone succede un cortocircuito tra le aree responsabili dell’ascolto e quelle del piacere. E no, non è che abbiano un cuore di pietra o siano dei barbari senza sentimento; è proprio una questione neurologica. A scovare questo fenomeno, fortunatamente, sono stati degli scienziati che non si occupano solo di sperimentare nuovi sapori di gelato, ma di capire il misterioso modo in cui il nostro cervello prova gioia.

In un articolo pubblicato su una rivista scientifica di quelle che pochi leggeranno senza addormentarsi, il team che ha scoperto l’anedonia musicale ha spiegato come questo blackout cerebrale potrebbe darci indizi preziosi su altri tipi di mancanze di piacere, o come ama chiamarle la scienza, “disturbi correlati alla ricompensa”. In pratica, la stessa mancanza di gratificazione che colpisce chi non riesce a godersi la musica potrebbe essere un indizio per capire dipendenze e problemi legati al cibo o ad altre attività.

A parlare senza peli sulla lingua è Josep Marco-Pallarés, neuroscienziato dell’università di Barcellona, che sostiene:

“Un meccanismo simile potrebbe essere alla base delle differenze individuali nelle risposte ad altri stimoli gratificanti. Indagare questi circuiti potrebbe aprire la strada a nuove ricerche su differenze individuali e disturbi della ricompensa, come l’anedonia in generale, la dipendenza o i disturbi alimentari.”

Per capire a che punto siamo col riconoscere questa strana “cecità” musicale, gli scienziati hanno ideato un sofisticato strumento chiamato Barcelona Music Reward Questionnaire (in breve Bmrq). Un questionario che soppesa quanto la musica riesca a farci battere il cuore in cinque modi diversi: suscitando emozioni profonde, modulando il nostro umore, migliorando i rapporti sociali, spingendoci a muoverci o ballare, e infine offrendo qualcosa di nuovo da scoprire o collezionare. Chi soffre di anedonia musicale, prevedibilmente, prende punteggi miseri in tutti questi ambiti.

Ma la questione tecnica è ancora più interessante. Sembra che non si tratti di un malfunzionamento vero e proprio dell’udito o di un danno alle zone cerebrali coinvolte nella musica, ma di una disconnessione tra le aree dell’udito e quelle della ricompensa. Insomma, queste persone non hanno problemi a sentire e identificare melodie o ritmi, ma il piacere che normalmente si scatena nel cervello si perde per strada, come un messaggio senza risposta.