Quando il virus diventa un ospite indesiderato: 64enne scova il Covid in casa sua a Oristano

Quando il virus diventa un ospite indesiderato: 64enne scova il Covid in casa sua a Oristano

Un uomo di 64 anni residente nel Campidano, provincia di Oristano, è risultato positivo al virus della West Nile, portando a nove i casi umani di febbre del Nilo registrati nel 2025 nella zona. Il paziente è ricoverato nel reparto di Neurologia dell’ospedale San Martino di Oristano e, fortunatamente, le sue condizioni sono buone. Immediatamente dopo la diagnosi, il dipartimento di Igiene e Prevenzione sanitaria ha avviato l’indagine epidemiologica tipica di questi scenari da film apocalittico, circoscrivendo l’area intorno all’abitazione dell’uomo per una disinfestazione approfondita entro un raggio di 200 metri.

Negli scorsi giorni, avevano già fatto la loro comparsa altri otto “fortunati” contagiati: tre ultrasettantenni, tre ultrasessantacinquenni, un ultraquarantenne e persino un ultranovantenne, come se il virus avesse una precisa predilezione per le età più mature. Di questi, sei sono ancora ospedalizzati, mentre due sono riusciti a tornare a casa, forse con un po’ di esperienza in più sulle zanzare e una voglia matta di evitare le punture.

Ah, certo, c’è una bella notizia: non esiste un vaccino né una terapia specifica per la febbre West Nile, perché chi ha bisogno di soluzioni rapide? Per questo l’unico modo serio per non finire su un letto d’ospedale è proteggersi dalle zanzare e, naturalmente, impedire che queste irresistibili creature si moltiplichino come se fosse un party in piscina. Il segreto? Evitare gli stagnanti specchi d’acqua, il paradiso delle larve di zanzara, un trucco semplice ma decisamente sottovalutato.

Nel frattempo, al Papardo di Messina, arriva un po’ di sollievo con una paziente di 74 anni, ricoverata per infezione da West Nile, che è stata finalmente dichiarata fuori pericolo. Il direttore del reparto di Malattie infettive spiega che la signora, dopo giorni di febbre e rigidità nucale – sintomi tipici dell’encefalite che il virus può scatenare – ha visto migliorare nettamente sia il suo orientamento che le funzioni vitali, anche se resta ancora in ospedale per completare un ciclo di riabilitazione.

La diagnosi è arrivata grazie a esami sierologici e a una ricerca del materiale genetico virale nel sangue, che non lasciano scampo alle interpretazioni alternative: virus West Nile, il piccolo invasore che nessuno vorrebbe come ospite. Le istituzioni sanitarie competenti si sono date un gran da fare – con tanto di segnalazioni ufficiali e procedure ministeriali – per assicurarsi che tutto venga seguito secondo la manualistica più impeccabile.

Dall’ospedale Papardo si è colta l’occasione per ricordare a tutti che la signora vive in un’area letteralmente infestata da zanzare – non proprio un dettaglio trascurabile – e invitano, ancora una volta, i cittadini a dotarsi di repellenti, indossare abiti coprenti, installare zanzariere e soprattutto evitare di stare all’aperto nelle ore in cui le zanzare si danno appuntamento per banchettare: all’alba e al tramonto. Insomma, un invito a fare più attenzione a quei tre millimetri di pelle scoperti, che per la West Nile sembrano un passaporto all’inferno.

Le prove scientifiche, sia italiane che internazionali, dicono che i piani di sorveglianza funzionano: monitorare gli uccelli selvatici (che fanno da cartina al tornasole per la presenza del virus) e tenere sotto controllo le zanzare infette è la strategia migliore per cogliere l’allarme in tempo. E guarda un po’, la rapidità nella diagnosi si rivela fondamentale per curare e salvare il malcapitato umano da questa fastidiosa febbre. Insomma, più tempestivi siamo, meno hamletiane indecisioni e più chance di uscirne vivi (e con l’orgoglio intatto).

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