Trovarsi le proprie foto rubate e esibite su un forum sessista non è certo una novità per le vittime di phishing digitale, ma scoprire che il ladro di turno è il tecnico a cui hai affidato il cellulare diventa quasi paradossale. Questa è la triste realtà raccontata da Anna (nome di fantasia per proteggere la sua identità), che ha fatto una macabra scoperta sul famigerato forum Phica, chiuso dall’intervento della Polizia Postale dopo una serie di denunce anche da parte di ex parlamentari.
La storia comincia con una pagina Instagram livornese, Livornogram, che ha diffuso la notizia di foto rubate e ritrovate sul sito incriminato. Decisa a vederci chiaro, Anna insieme a un gruppo di amiche si è iscritta al forum per verificare se tra i contenuti ci fossero scatti loro o di conoscenti. Risultato? Hanno aperto il vaso di Pandora: decine di pagine piene di immagini e video, alcuni decisamente espliciti, altri semplicemente sottratti dai profili social di ignare vittime.
Non è finita qui. L’indomani la scoperta personale: anche il profilo di Anna era lì, con foto ben più “innocue” ma comunque trafugate da profili chiusi e non visibili al pubblico. Curiosa e disgustata, ha setacciato i commenti e ha trovato la rivelazione più inquietante: un anonimo confessava apertamente di appropriarsi delle foto di chi gli portava telefoni e computer da riparare. Tradotto: il tecnico infedele che dovrebbe risolvere problemi diventa ladro di privacy.
Passare dal semplice rischio digitale alla paranoia da riparazione smartphone è l’ultima frontiera di uno scandalo immondo che sembra non conoscere limiti. Da quel momento, Anna capisce l’enormità del problema: “Non siamo più nemmeno libere di portare il cellulare a riparare senza temere di ritrovarci i nostri scatti personali esposti come trofei su forum di degrado.”
Poi, la ciliegina sulla torta: foto e video scambiati come figurine su Telegram a pagamento. Sì, proprio quel tipo di contenuti che ci si aspetterebbe di trovare soltanto nelle pieghe più oscure delle piattaforme, ma in realtà si scambiano quasi come una merce da collezionare.
Anna rivela inoltre la doppia faccia del problema: mentre alcune ragazze apprezzano il suo coraggio di portare alla luce lo schifo, altre non denunciano per vergogna o paura – sì, paura dei fidanzati, che aggiunge un’ulteriore sfumatura di grottesco a questa tragedia digitale.
Con tono deciso, Anna esorta a smettere di avere timore e a reagire. Chiede che le indagini proseguano, con particolare attenzione a quei luoghi digitali come Telegram, dove la sorveglianza è più complicata e la diffusione di materiale rubato diventa quasi un incubo senza fine.
E se pensate che postare in rete sia una semplice operazione quotidiana, lei ci ricorda che basta un attimo per diventare vittime inconsapevoli. Tra testimonianze di volti photoshoppati su corpi di altri e manipolazioni sempre più grottesche, Anna fornisce un quadro agghiacciante di una rete più simile a una trappola che a una comunità globale.