Quando il Tar Lazio diventa il ring della farmacia dei servizi: il gran duello finale del 2 dicembre

Quando il Tar Lazio diventa il ring della farmacia dei servizi: il gran duello finale del 2 dicembre

Questa mattina, nella camera di consiglio della Sezione III-quater del Tar Lazio a Roma, si è svolta la discussione di una domanda cautelare che promette scintille. Gli avvocati Stefano Vinti e Angelo Buongiorno dello Studio Vinti & Associati, in rappresentanza di numerosi laboratori medici accreditati dal Servizio sanitario regionale, hanno presentato un ricorso contro l’ambizioso esperimento della “Farmacia dei servizi”. L’idea geniale della Regione Lazio? Far svolgere nelle farmacie prestazioni diagnostiche delicate come ECG, holter cardiaci e holter pressori, e qui viene il bello, senza una supervisione medica effettiva e diretta. Sicuramente un modo innovativo per “avvicinare” la sanità ai cittadini, forse un po’ troppo “a distanza” dalla realtà clinica.

La presidente del collegio, forse anche lei divertita da tanto ardore innovativo, ha ordinato che la questione venga dibattuta nel merito il 2 dicembre 2025. Così, finalmente, potranno essere dati risposte tanto attese dagli operatori sanitari e, soprattutto, dai pazienti, che magari preferirebbero un sistema sanitario rispettoso dei diritti e privo di distorsioni. Perché, a quanto pare, questo progetto delle “farmacie-dottori” non risolve affatto le criticità del sistema sanitario, ma piuttosto ne genera di nuovi, e non di poco conto: squilibri che espongono i più fragili al rischio concreto di ricevere prestazioni ben lontane dagli standard minimi accettabili.

Mariastella Giorlandino, presidente dell’Unione nazionale ambulatori, poliambulatori, enti e ospedalità privata (Uap), si è detta soddisfatta per la rapida fissazione dell’udienza, sottolineando come questa vicenda tocchi il cuore pulsante del sistema sanitario e il principio – apparentemente non negoziabile – della prossimità. Ovvero portare i servizi vicino al cittadino, ma senza barattare la qualità e la sicurezza. Insomma, niente svendite della sanità su piattaforme non all’altezza degli standard clinici e organizzativi richiesti dalla legge.

La linea di chi attacca è alquanto semplice: pari prestazioni, pari regole. Se la riduzione delle liste d’attesa e l’avvicinamento dei servizi ai cittadini sono nobili intenti, questi non possono trasformarsi in una corsia preferenziale per esami fatti alla buona, privi dei requisiti che la normativa impone a chi pratica diagnostica e refertazione. Ma certo, è più comodo e forse persino economico trasformare la farmacia nel nuovo presidio sanitario polivalente, rinunciando forse un po’ troppo alla professionalità. Un’idea tanto progressista quanto rischiosa, soprattutto per chi immagina la salute pubblica come una cosa seria e non come un mercato da allargare ad ogni costo.

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