Quando il rapitore diventa l’eroe: la favola surreale di Clark Olofsson e i suoi ostaggi innamorati

Quando il rapitore diventa l’eroe: la favola surreale di Clark Olofsson e i suoi ostaggi innamorati

Clark OlofssonPaolo Valentino, pubblicato il 24 agosto 2023, che ripercorre la storia di questo bandito diventato involontariamente il simbolo della celeberrima “sindrome di Stoccolma”.

«Non fategli del male! Non hanno fatto nulla!», urlò Kristin Enmark, una delle quattro ostaggi, agli agenti che appena irrompevano nel caveau e bloccavano i sequestratori. Quando Clark Olofsson fu portato via, si voltò verso la giovane donna e, con un sorriso da gangster hollywoodiano, le disse: «Ci rivedremo».

Era la sera del 28 agosto 1973. Dopo cinque giorni di prigionia, la più lunga rapina con ostaggi mai registrata nella tranquilla Stoccolma si concludeva senza versare una goccia di sangue, ma con una sfumatura che avrebbe fatto sobbalzare i manuali di psichiatria e sociologia, entrando dritta nel gergo mondiale.

Da allora sono passati cinquant’anni: il dottor Nils Bejerot, criminologo e psichiatra mobilitato dalla polizia per seguire il caso, fu il primo a parlare di un “comportamento inquietante” di Kristin Enmark nei confronti di uno dei suoi sequestratori. Non accontentandosi, inventò la definizione “sindrome di Norrmalmstorg” dal nome della piazza dove sorgeva la banca assediata. Ma per l’estero fu decisamente più semplice coniare la “sindrome di Stoccolma”, e così è rimasta: un termine facilone, pronto a diventare l’alibi di ogni ostaggio incantato dal proprio carceriere, e una miniera inesauribile di speculazioni più o meno fumose.

Il fatto divertente? Olofsson non era nemmeno il capo dei rapinatori. «La festa inizia», aveva sproloquiato al momento di entrare a mitra spianato nella filiale affollata il suo compare, Jan-Erik Olsson, affettuosamente noto come Janne.