Quando il post scatena l’ennesima inutile battaglia social

Quando il post scatena l’ennesima inutile battaglia social
Niente soldi, niente divertimento: la verità amara dietro il lavoro da animatore nei villaggi turistici

Fare l’animatrice nei villaggi turistici? Un mestiere tanto “fantastico” quanto surreale, un’odissea fatta di vitto e alloggio (spesso discutibili), notti insonni in camere degne di film horror e uno stipendio che farebbe piangere anche il più generoso benefattore. Ma, sorpresa, per Nadia Santoni Madeddu, ex animatrice, questa tortura era “l’esperienza umana più importante” della sua vita: divertente, intensa, e – ciliegina sulla torta – unica al punto da volerla ripetere per centinaia di vite a venire.

Il post della signora Nadia – prontamente rilanciato dal noto showman Avaro Fabio – arriva in risposta al video virale di Gilberto Contadin, che ha declinato un’offerta per animatore a Rimini definendo il lavoro “sottopagato” e l’alloggio letteralmente “con le pareti ammuffite”. Dulcis in fundo, la replica della Madeddu ci regala un affresco tragicomico su cosa significhi davvero fare l’animatore nei villaggi vacanze.

Secondo Nadia, il villaggio è una vera palestra di vita, un forcing emotivo che ti forgia come persona, “un ambiente protetto, lontano da droghe e tentazioni” e, perché no, addirittura “il paese dei balocchi”. Sì, proprio così: per lei non si tratta di un lavoro ma di un rito di crescita personale. Il denaro? Un dettaglio insignificante, non fosse che il pagamento scarseggia anche per chi ne ha bisogno.

In un’onestà fuori dal comune, confessa di essere stata pagata “per essere me stessa, per essere la pazza che ero” – nonostante ballasse male e urlasse come una matta sul palco. Il lavoro le ha regalato una miriade di incontri, “miliardi di persone” che sono diventate “fratelli e sorelle per la vita”, anche se poi, ovviamente, il contatto si perde con il tempo. Il valore? Umanità, niente soldi.

“Il guadagno non è mai stato economico, né lo sarà,” spiega con l’aria di chi ha visto tutto. Non è una questione di “generazioni che accettano tutto”, bensì di un mestiere che ti arricchisce così tanto di esperienza da rendere il denaro un insignificante dettaglio. E, se qualcuno pensa che fosse semplicemente perché lei non aveva bisogno di soldi, ecco il colpo di scena: ha conosciuto animatori disperati che tiravano avanti lo stesso con briciole di paga, accontentandosi di vitto e alloggio.

Il lavoro da animatore resta quindi una “follia riservata ai giovani e agli audaci, da fare solo se non cerchi una busta paga decente.” Solo se hai talento, poi magari puoi anche guadagnare qualcosa di più. Altrimenti, è solo una fatica senza senso. “Basta sputare merda su questa esperienza umana,” implora Nadia, ricordando con sarcasmo che lo Stato gli aveva chiesto ben 20.000 euro per ricongiungere i suoi contributi da lavoratrice dello spettacolo, cifra che ovviamente ha rinunciato a pagare.

E per chi, ventenne e ingenuo, sogna di fare l’animatore per racimolare qualche soldo, ecco la schiettezza di Nadia: “Se vuoi guadagnare, fai il cameriere, il magazziniere, le pulizie o qualsiasi altro lavoro stagionale serio. L’animazione non è roba per chi conta i centesimi.” Ai sindacati, dice, riservi “rivendicazioni serie”. E ai colleghi anziani e disillusi ricorda di evitare di “sputare sentenze su un mestiere che non hanno mai vissuto davvero”. Questa sì che è solidarietà tra lavoratori…

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