Quando anche i bimbi italiani imparano a fare i conti con i traumi da guerra: la solita favola della cultura di pace che sollievo

Quando anche i bimbi italiani imparano a fare i conti con i traumi da guerra: la solita favola della cultura di pace che sollievo

La guerra non sceglie solo di massacrare corpi e animi, ma si premura di lasciare cicatrici ancora più profonde soprattutto nei più piccoli, vittime innocenti che pagano il prezzo doppio di un trauma invisibile e insidioso. E no, non si tratta solo di chi vive il conflitto in prima persona, ma anche di quei poveracci che, pur guardando da lontano, si ritrovano a subire quella meravigliosa cosa chiamata “traumatizzazione vicaria”. Perché curare queste ferite psicologiche nei bambini non serve soltanto a salvaguardare una futura salute mentale decente, compromessa da traumi non trattati, ma è soprattutto un modo brillante per instillare una cultura di pace, insegnando così ai giovani futuri guerrieri della tavola calda come risolvere i conflitti senza ammazzarsi a vicenda.

E – sarà una sorpresa – in Italia, tra i banchi delle scuole pubbliche, qualche coraggioso psicologo ha già iniziato questo “meraviglioso” lavoro di sensibilizzazione, usando le tecniche dell’Emdr, quella roba complicata chiamata Eye Movement Desensitization and Reprocessing, riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della Sanità come il non plus ultra per trattare il disturbo da stress post traumatico. Se non ci fosse questa terapia, probabilmente i nostri bambini finirebbero tutti direttamente psicotici.

Isabel Fernandez, psicoterapeuta e presidente dell’Associazione Emdr Italia, è più chiara degli oratori da bar che abbiamo: chi ha vissuto la guerra la porta dentro, adulti e bambini che siano. Il suo punto? Gli adulti sono devastati, paralizzati da un senso di impotenza di fronte a violenza e distruzione; i bambini, quei piccoli dannati, si trovano schiacciati tra ciò che vedono e l’espressione di terrore degli adulti intorno a loro. Risultato? Una doppia dose di traumi. Dunque, i grandi avrebbero il compito di spiegare ai bambini il contesto, giusto per non lasciare liberi di interpretare il tutto come un film horror senza senso.

Perché, magicamente, se lasciati a se stessi, i piccoli non solo non riescono a capire niente, ma soprattutto confondono tutto. Hanno bisogno di un adulto che non sia solo un distributore di carezze a parole, ma un vero e proprio mediatore cognitivo, colui che spiega perché il mondo sta andando a pezzi e, perché no, prova a infondere nelle nuove leve l’idea utopistica che il mondo potrebbe essere meno una bolgia infernale e più un posto dove magari, solo magari, si può respirare senza paura.

Una sventura, questa, trasformata frettolosamente in speranza: insegnare ai più piccoli che possono contribuire a costruire un mondo più pacifico, perché evidentemente fino a oggi noi adulti non siamo riusciti così bene. E non sono solo parole sciocche: diversi psicologi sono già in azione, armati di incontri nelle scuole durante i quali spiegano le meraviglie dell’Emdr ai bimbi, offrendo loro strumenti di stabilizzazione e rilassamento. Insomma, un pacchetto completo per “stabilizzare, radicare e far sentire che un cambiamento positivo è davvero possibile”, come se bastasse qualche esercizio di respirazione a risolvere la guerra.

Se volete vedere il lato buffo della cosa, potete immaginare queste sedute come un corso accelerato di come diventare pacifisti senza perdere la testa, o almeno provare a non piangere troppo guardando il telegiornale. Dopotutto, parlare e lavorare sulla crisi psicologica dei più piccoli non è certo la soluzione magica, ma almeno offre una speranza – o una distrazione temporanea – in un mondo che sembra deciso a ripetere i soliti errori.

Ah, le scene tragiche cui i bambini sono costretti a partecipare: veri e propri fardelli emotivi che si accumulano silenziosamente nei loro piccoli cuori. Ecco che arriva in soccorso l’EMDR, quell’alleato terapeutico che miracolosamente riesce a liberare i piĂą piccoli da tutto ciò che di orribile hanno vissuto, scaricandoli da quella zavorra di preoccupazioni. Non solo: questo metodo non si limita a cancellare le emozioni negative, ma addirittura rafforza le sensazioni positive, come se fosse un colpo di bacchetta magica su un mondo fatto di stati d’animo. Veramente unico.

Ovviamente, con tutta questa efficienza, l’EMDR non poteva mancare nelle zone di guerra, dove, sorprendentemente, funziona anche su grandi e piccini. Dato che è una terapia brevissima – perchĂ© sì, nulla dice “cura efficace” come risolvere tutto in due o tre sedute dopo un trauma devastante – viene usata come soluzione rapida e formidabile. Una specie di “pronto intervento psicologico” al volo, un po’ come la pizza d’asporto, ma per l’anima.

Non è un segreto, ci spiegano con orgoglio: in Ucraina si sono pure immolati a formare psicologi locali per diffondere questa meraviglia terapeutica. Non bastava solo combattere la guerra, bisognava anche pensare a come il trauma rimarrà impresso nelle menti dei piccoli, quei poveri figli del conflitto che cresceranno con una generazione pesantemente segnata. Protagonisti di una staffetta di dolore e cura, che si spera duri quanto meno il tempo strettamente necessario a evitare che la loro sanità mentale affondi completamente.

Così, l’ufficio dell’OMS a Kiev si è visto costretto a promuovere un progetto di formazione in EMDR, perchĂ© non si sa mai quando finirĂ  questa bellissima guerra – così, tanto per sicurezza – e sarĂ  fondamentale avere terapisti a portata di mano per affrontare il trauma post-bellico. Insomma, un piano a lungo termine che, incredibilmente, considera pure il «dopo» e non solo l’immediato.

L’esperta di turno conclude con un’intuizione che definire ovvia sarebbe un eufemismo: non importa quanto sia acuto il momento dell’evento traumatico, l’importante è che qualcuno – da qualche parte – possa intervenire. Chiaramente con l’infallibile EMDR, la terapia brevissima che sta per diventare il santo graal della salute mentale nei luoghi in cui la psicologia sembra un lusso a causa delle bombe.

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