Ah, il solito capolavoro italiano: il tanto atteso Ponte sullo Stretto di Messina che, a partire dal 2033, ci farà sborsare 9 miseri euro per attraversarlo. Da vero miracolo italiano, quei 9 euro impiegheranno un’eternità per ripagare la spesa: solo nel lontano 2062, dopo ben 30 anni, i ricavi cominceranno a coprire i costi. Ma non è finita qui, perché il discorso economico sembra solo la punta dell’iceberg di una mole di problemi tecnici e burocratici degni di una tragedia greca low-cost. Il rischio è che il tutto si inceppi alla delibera del Cipess, con la Corte dei Conti che si diverte a tenerci sulle spine. Potrebbe approvare la delibera, oppure fare due chiacchiere e decidere di bloccarla. Magari per puro piacere di vedere il caos.
Non proprio la ciliegina sulla torta, no? Ma andiamo con ordine e prepariamoci a una passeggiata nel magico mondo delle lungaggini italiane, dove il progetto esecutivo non esiste ancora, i tecnici fanno smorfie e le penali minacciano di far ripartire un film già troppe volte visto.
Il progetto esecutivo fantasma
Il rapporto del Dipartimento per la programmazione economica della presidenza del Consiglio, sfogliato da qualche giornale con più pazienza del solito, regala una chicca: la manutenzione straordinaria della grande opera tra il 2034 e il 2060 costerà la bellezza di 1,6 miliardi di euro. Perché costruire un ponte è poco costoso, ma mantenerlo? Un salasso. E ancora la parola a loro, che ci spiegano con pacatezza burocratica che il progetto esecutivo sarà pronto entro 470 giorni, giusto in tempo per aggiornarlo a quei 62 rilievi puntigliosi dell’ormai mitica commissione sull’impatto ambientale. Nel frattempo, via alle feste con espropri, scavi archeologici e la compagnia delle penali pronte a far saltare il banco nel caso qualcosa non filasse liscio. Ma si sa, il divertimento in Italia è anche questo: tribunali e sentenze che si accumulano come pioggia in autunno.
Che gioia, le penali!
Nella confessione collettiva di impedimenti, si insiste anche sulla parola “penali”. Splendida invenzione che farà felici i cittadini contribuenti. La delibera del Cipess rispolvera il contratto tra la società Stretto di Messina e il consorzio Eurolink, guidato dalla super star Webuild, facendo magicamente sparire i contenziosi passati. Un colpo di bacchetta magica, insomma. Però, occhio: se i lavori bloccano, lo Stato rischia di dover sborsare penali per una cifra da capogiro, si parla di 1,5 miliardi secondo alcune stime più creative che realistiche. La società interessata invece suggerisce un’altra matematica: la penale si calcola sul valore del contratto da 10 miliardi e non sull’opera totale da 13,5 miliardi, scendendo così a una modesta cifra di 400 milioni. Facile, no? Nel mondo reale, come racconta l’ex esperto del progetto dal lontano 1980, Emanuele Codacci Pisanelli, la situazione è tutto meno che rosea. Boccia senza pietà quello che esce dal forno del Cipess.
Il Cipess e la sua consulenza da manuale
Pisanelli ci regala uno spaccato degno di un film tragicomico: il Cipess si occupa solo della parte amministrativa ed economica, lasciando i dettagli tecnici alla fantascienza. Il progetto presentato sarebbe, secondo lui, una bella cartolina del 2011 rigorosamente impacchettata, con una relazione del progettista che promette “qualche modifica futura” nella versione esecutiva (ancora da scrivere, ça va sans dire). Paradossale? Assolutamente. Alcune modifiche appaiono infatti piuttosto ragionevoli; altre, invece, sono così strampalate da strappare una risata amara, soprattutto quando si parla di certe soluzioni irrazionali che sembrano uscite dal cappello di un prestigiatore improvvisato.
Dunque, il quadro è questo: un ponte dal costo astronomico, i cui benefici saranno visibili solo ai nipoti dei nipoti, con un progetto che sembra uscito da un archivio polveroso, penali che galoppano come se fossero cavalli imbizzarriti e una burocrazia che si diverte a giocare a rimpiattino con la legalità e la praticabilità dell’opera. Insomma, l’ennesima epopea italiana.



