PNRR aggiornamenti settimanali di Unindustria: le novità imperdibili dal 9 al 12 dicembre 2025 di cui nessuno parla sul serio

PNRR aggiornamenti settimanali di Unindustria: le novità imperdibili dal 9 al 12 dicembre 2025 di cui nessuno parla sul serio

Buone notizie dalla magica terra del PNRR: l’economia italiana si aggrappa disperatamente all’ultima volata di questo incredibile piano, come un corridore stanco che spera nel miracolo dell’ultimo sprint. Le previsioni dell’Istat non lasciano spazio a dubbi: il Pil dovrebbe crescere dello 0,8% nel 2025, la stessa cifra, manco a farlo apposta, che la Corte dei conti attribuisce al contributo del PNRR per il 2026. Insomma, senza i fondi europei, il dramma sarebbe inevitabile, visto che la manovra di bilancio italiana è un po’ come una zattera bucata in mezzo al mare.

Ma come monitorare questo capolavoro della finanza pubblica? Per fortuna arrivano in soccorso Istat e Ragioneria Generale dello Stato, che hanno appena aggiornato la loro dashboard dedicata al PNRR. Sì, una bella vetrina piena di grafici e indicatori, quelli che dovrebbero spiegare come questi miliardi stiano magicamente trasformando la realtà economica, sociale e ambientale. Non poteva mancare la grande ambizione europea: gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030, la bandiera delle buone intenzioni.

E non è finita: la Corte dei conti ci regala una relazione da applausi a scena aperta, dichiarando di aver raggiunto il 100% degli obiettivi europei del PNRR previsti per il primo semestre 2025. Un esempio di efficienza italiana, se non fosse per il dettaglio che solo il 64% del percorso complessivo è portato avanti, con le riforme che corrono più veloci degli investimenti. Ma tranquilli, i numeri sono lì, e la sintesi è disponibile per chi ama farsi illusioni.

A proposito di illusioni, sono stati pubblicati anche gli Accordi per la coesione firmati a novembre: sette Amministrazioni centrali che si scambiano promesse come se non ci fosse un domani. Tutti allegati disponibili, per chi volesse documentarsi su quanto si stia facendo nel fantastico mondo della coesione territoriale.

Nel frattempo, in Gazzetta Ufficiale è comparso il nuovo “Codice degli incentivi”, pronto a entrare in vigore dal 1° gennaio 2026, perché che sarebbe il PNRR senza una bella riforma burocratica che renda tutto ancora più complicato e incomprensibile?

Passando alla ricerca e all’innovazione, la leggiamo come una bella favola: il 44% degli 8,5 miliardi per la Missione 4, da “ricerca a impresa”, è già stato rendicontato. Ottimo, soprattutto se consideriamo che ha favorito l’assunzione di oltre 12.000 ricercatori, metà dei quali donne – un tocco di equità in una platea altrimenti tanto formale. Peccato però che nessuno sappia davvero se tutto questo splendore sarà sostenibile una volta che il PNRR avrà finito di “galleggiare”.

E le città intermedie? Quelle fantastiche realtà demografiche e funzionali dove l’Italia si regge in piedi fingendo di avere un tessuto urbano sano? Il PNRR ha messo mano anche lì, tra rigenerazione urbana, recupero di edifici storici e spazi dimenticati, mobilità sostenibile… insomma, la solita lunga lista di buoni propositi che si spera non restino solo parole su carta.

L’ultima chiamata per il PNRR: revisione, regole nuove e finanzamenti a oltranza

Non poteva mancare l’ennesimo colpo di scena: il 27 novembre scorso l’Ecofin ha formalmente dato il via libera alla proposta italiana per la revisione del PNRR, con la bellezza di 13,5 miliardi di euro in più da spendere, così, senza fretta, oltre il 2026. Tra le mirabolanti misure si trovano sostegni a imprese, filiera agroalimentare, connettività digitale, infrastrutture idriche ed economia circolare – perché la sostenibilità fa sempre figo a parole.

In aggiunta, nuovi strumenti finanziari promettono una spesa più fluida nel tempo, perfetti per chi non vuol smettere di spendere questi soldi europei e ama le montagne russe burocratiche.

Insomma, se volete un quadro aggiornato sull’eterna soap opera del PNRR, la dashboard è sempre lì, a ricordarci che la crescita tanto agognata non è altro che un’esile rincorsa tra obiettivi da celebrare e realtà da rimandare. Come sempre, l’Italia paga il conto dell’europeismo sostenibile… a parole.

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