Più di 900mila euro di fondi europei per 417 lavoratori in Belgio: l’Europa si farà sentire, o scherziamo?

Più di 900mila euro di fondi europei per 417 lavoratori in Belgio: l’Europa si farà sentire, o scherziamo?
BelGaN, gloriosa azienda belga produttrice di chip, che ha licenziato ben 417 lavoratori lo scorso luglio 2024. Come se una manovra salvifica, questo aiuto proveniente dal Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (EGF) dovrebbe miracolosamente aiutare gli sventurati dipendenti ad affrontare la disoccupazione.

Ovviamente, tutto questo avviene nella cornice perfetta dei “costi crescenti” dell’energia, dei materiali e del lavoro, i soliti capri espiatori utilizzati per spiegare il fallimento di un’impresa. La chiusura di BelGaN è la colpa numero uno per questo disastro sociale, ma non temete: i fondi europei – che copriranno retroattivamente l’85% di queste costosissime misure – promettono sedute di counseling, orientamento professionale, formazione e la solita pomposa ricerca di un nuovo impiego.

Incredibilmente lungimiranti, le autorità belghe hanno già iniziato il loro validissimo supporto ai licenziati pochi istanti dopo aver chiuso i cancelli, tanto che il Fondo europeo provvede ora a rimborsare quasi tutto con un tempismo da manuale.

Le meraviglie del Fondo Europeo di Adeguamento alla Globalizzazione

Per chi non lo avesse ancora capito, l’EGF non è un’agenzia di beneficenza ma una macchina burocratica europeista con il compito di tamponare le ferite causate da “eventi di ristrutturazione improvvisi”. Tradotto: quando almeno 200 sguarniti lavoratori perdono il lavoro entro un periodo di riferimento stabilito, uno Stato membro può chiedere con eleganza all’UE di entrare in scena con soldi pubblici.

Una volta che la Commissione europea annusa il bisogno e giudica il caso degno – e solo allora – si propone di stanziare i fondi. Ma badate bene: il Parlamento e il Consiglio Europeo devono alzare il pollice in su. Insomma, una danza democratica fatta di voti e proclami mentre intanto i licenziati continuano a sbattersi.

Un ulteriore dettaglio che fa sognare: questo fondo, nella sua magnanimità, si rifiuta categoricamente di contribuire a misure di protezione sociale “classiche” come pensioni o indennità di disoccupazione. Per fortuna esistono altre magiche istituzioni a prendersi cura di queste questioni.

Secondo la Commissione, da quando è stato istituito nel 2007 l’EGF ha contagiato ben 183 casi, spargendo qui e là €709 milioni e “aiutando” più di 172.000 persone in 20 paesi dell’Unione. Un generoso drenaggio di fondi pubblici dalla collettività verso chi? Quasi sempre verso chi ha già subito il danno più grande e si ritrova a combattere contro le folli dinamiche del mercato globale di cui, in teoria, tutti dovrebbero beneficiare.

Ironia della sorte, il “soggetto beneficiante” è lo stesso sistema economico fondamentale di cui l’UE dovrebbbe essere garante, e che invece genera queste crisi e licenziamenti. Ma invece di prevenirle, l’Unione di Bruxelles si fabbrica soluzioni “tampone” con la mano di chi paga, il cittadino europeo, invitandolo a sospirare e a sperare che questa volta vada meglio, magari con qualche corso di formazione o qualche seduta di ascolto.

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