Petrolio sotto i 60 dollari: Opec+ decide di pompare ancora di più, perché qui la follia non ha limiti

Petrolio sotto i 60 dollari: Opec+ decide di pompare ancora di più, perché qui la follia non ha limiti

Il petrolio continua la sua discesa nei mercati internazionali. Il Brent, il greggio che fa da riferimento per l’Europa, si attesta attorno ai 60 dollari al barile, 15 dollari in meno rispetto al mese scorso, con una meravigliosa flessione del 20%. A contribuire a questa brillante caduta è stata la decisione dell’Opec+ (l’organizzazione ben poco segreta dei principali paesi produttori, che include anche la Russia) adottata sabato scorso. Il cartello ha deciso di continuare a pompare petrolio, nonostante i prezzi già miseri e le prospettive di un rallentamento economico imminente. Davvero geniale!

La quantità di greggio sul mercato salirà di 400.000 barili al giorno a partire dal prossimo giugno, mentre il consumo globale si attesta attorno ai 100 milioni di barili al giorno. Insomma, più offerta per una domanda che potrebbe anche calare. Che genialata! Ciò si traduce in prezzi più bassi. Qualcuno potrebbe pensare che sia una buona notizia per le aziende e i consumatori: il costo dei carburanti diminuirà e, sorprendentemente, anche quello dell’energia utilizzata per produrre i beni. Ma chi siamo noi per sperare in meno pressioni inflazionistiche? Uh, che gioia per le banche centrali!

Naturalmente, gli effetti nefasti per i paesi produttori sono un’altra storia. Questi ultimi devono prestare attenzione a quanto petrolio immettono sul mercato. Prezzi elevati aumentano i ricavi, ma se i prezzi salgono troppo, i consumatori si sentono in diritto di limitare il consumo di idrocarburi oppure di orientarsi verso fonti energetiche alternative. La decisione dell’Opec+, quindi, sembra più un frutto di un “regolamento di conti” tra le fazioni interne che una valutazione ponderata della situazione di mercato. I membri dell’Opec comprendono attualmente Arabia Saudita, Emirati Arabi, Kuwait, Libia, Nigeria, Algeria, Venezuela, Gabon, Iran, Iraq, Congo e Guinea. Con la formula “Opec+”, si aggiungono anche la Russia, il Messico, il Kazakistan, l’Azerbaijan, il Bahrein, il Brunei, la Malesia, l’Oman, il Sudan e il Sudan del Sud.

La decisione di incrementare la produzione è stata assunta dai paesi “leader” (belli e dannati Arabia Saudita e Russia, rispettivamente il secondo e il terzo produttore mondiale) per “punire” quelli membri che osano oltrepassare le quote produttive concordate, cominciando dal Kazakistan. Un cambio di strategia che ha già precedentemente provocato un crollo dei prezzi. Secondo Ajay Parmar, direttore dell’analisi petrolifera di ICIS a Bloomberg, l’aumento dell’Opec+ è “semplicemente inassorbibile” dal mercato. “La crescita della domanda è debole, soprattutto con la recente imposizione dei dazi”, ha poi aggiunto, come se fosse una sorprendente rivelazione. E non finisce qui: la banca statunitense Morgan Stanley ha deciso di ridurre le previsioni di prezzo, stilando un barile a 62,5 dollari per il terzo e quarto trimestre del 2025, cinque dollari in meno rispetto alle previsioni simpaticamente ottimiste di prima.

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