Perbellini: l’assessore che gioca a nascondino tra le lingue e le poltrone di Merano

Perbellini: l’assessore che gioca a nascondino tra le lingue e le poltrone di Merano

Per chi ignora le dinamiche locali, la situazione è decisamente un mistero, quasi da surreale commedia all’italiana. Siamo a Merano, dove il clima è già teso grazie alla tensione sulla fascia tricolore rifiutata dalla nuova sindaca Katharina Zeller, ma siamo qui per qualcosa di ancora più pressante. In Alto Adige, la legge impone che la rappresentanza dei gruppi etnici italiano e tedesco sia proporzionale alla composizione delle giunte comunali, da cui discendono le approvazioni legate alla concessione di posti di lavoro pubblici e risorse.

Il sistema è così complicato che potrebbe farci venire voglia di contare le stelle: se su 36 consiglieri, 18 si dichiarano di lingua tedesca e 18 di lingua italiana, la giunta deve avere sei assessori, tre per ogni gruppo. Un meccanismo di precisione che, com’è prevedibile, spesso diventa un terreno fertile per il caos.

Nella giunta Dal Medico di Merano, uno dei membri, Marco Perbellini, un nome che fa pensare a un ristorante italiano piuttosto che a un politico, è entrato in gioco con una piccola sfumatura: si è presentato come membro di lingua tedesca, ma sorpresa! Durante le recenti elezioni, si scopre che i suoi genitori lo avevano dichiarato di lingua italiana. Geniale, vero? Ora ci si chiede: ha autocertificato il falso? E che dire delle decisioni di una giunta in cui siede un rappresentante del “gruppo sbagliato”?

Le domande girano come un frisbee a una festa estiva: chi doveva controllare l’autocertificazione di Perbellini? E cosa rischia oggi, un bel riconoscimento da parte dei concittadini o una ben meritata approfondita indagine? I Verdi, che tra l’altro hanno collezionato una sonora sconfitta alle elezioni, hanno deciso di alzare la voce e pretendere chiarimenti. Non male come strategia per attirare l’attenzione, no?

Insomma, è tutto un grande balletto di equilibri precari, di verità nascoste e di autocertificazioni che, come ci dicono i manuali di diritto amministrativo, dovrebbero essere “veritiere”. Ma chi ci crede? Il teatro della politica è pieno di attori inesperti che si trovano a improvvisare in scene scritte da un drammaturgo che ha decisamente preso l’aperitivo prima di metter penna su carta.

Le elezioni della città del Passirio sembrano essere un’opportunità d’oro per immergersi in un’affascinante battaglia linguistica. È sempre divertente vedere come i Verdi, autoproclamati difensori dell’interetnicità, si lascino trasportare da simili dispute. Come se fosse un’attività sportiva primordiale, anziché una questione di avanguardistica integrazione. Ma il diretto interessato non sembra intenzionato a perdere tempo: “Non butterei via due anni di lavoro per un pezzo di carta”, ha detto. Che uomo! Ha sicuramente un piano per il bene della sua città che non contempla affatto la distinzione tra italiano e tedesco.

In Alto Adige, poi, ci troviamo dinanzi a un vero e proprio melting pot linguistico. Abbiamo i mistilingui: bambini che, cresciuti in famiglie miste, frequentano scuole dove l’italiano fa a botte con il tedesco. Un dinamico Perbellini, ad esempio, è messo in lista come ‘italianissimo’ pur avendo origini tedesche. Per non parlare degli immigrati, anch’essi costretti a cimentarsi in una ridicola dichiarazione linguistica. Che, attenzione!, non è obbligatoria… a meno che tu non voglia sfruttare qualche beneficio o aspirare a un incarico pubblico. In tal caso, è un bel “ti prego, fattela!” che nessuno può ignorare.

La regola della lingua si sta dimostrando un vero rompicapo. In realtà, sono molti a considerarla discriminatoria, e ciò non fa altro che dimostrare quanto sia fallace. A chi interessa se sei un abile professionista? No, basta che tu sia in grado di pronunciare qualche parola in modo stentato. Gli esempi non mancano, a partire dalle assegnazioni dei posti di primariato negli ospedali: pazienti felici di avere un dottore che parla bene ‘la loro lingua’, anche se quasi affogando nel mare delle incertezze professionali. Il bello è sapere che, se entro tre anni non riesci ad afferrare le competenze linguistiche richieste, beh… puoi fare le valigie.

È fondamentale ricordare che ogni cittadino ha il diritto di interagire con i servizi pubblici nella propria lingua. Ma, purtroppo, anche questa regola mette in evidenza i limiti della burocrazia. Che paradosso, non è vero? La questione linguistica qui si trasforma in un vero e proprio circo, dove tutti danzano sotto la tenda dell’ironia e dell’assurdo.

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