Ah, il magico mondo dell’energia eolica, dove tutto va a gonfie vele… o almeno così dovrebbe essere, se non fosse per gli ostacoli – e per “ostacoli” intendo le politiche da cantiere di guerra di Donald Trump. La danese Orsted, gigante delle rinnovabili, ha svelato il suo ennesimo show di finanza creativa: un bel rosso da 1,7 miliardi di corone danesi (circa 261,8 milioni di dollari) solo nel terzo trimestre. Peccato solo che l’anno scorso, nello stesso periodo, ballava sulle note di un profitto da 5,17 miliardi. Immagino che gli analisti si aspettassero un disastro ancora più epico, ma la realtà è stata giusto un po’ meno tragica.
E non basta: Orsted ha dovuto ammettere che ha steso sulla scrivania una bella mazzata da quasi 1,8 miliardi a titolo di svalutazioni. Ma, ehilà, non disperate! Il CEO Rasmus Errboe ci rassicura che l’EBITDA annuale resterà tra i 24 e i 27 miliardi di corone, tanto per gradire. Peccato che qui si escludano guadagni freschi da nuove partnership o penali da cancellazioni, insomma il classico “conta come vuoi ma alla fine va bene”.
Come ciliegina sulla torta, giusto per tenere vivo l’umore, Orsted ha anche annunciato la cessione del 50% del suo parco eolico offshore Hornsea 3, nel Regno Unito, per la modica somma di 6 miliardi di dollari a Apollo Global Management. Insomma, luce alla fine del tunnel? Forse. Il nostro carissimo Errboe gongola:
Rasmus Errboe ha detto:
“Sono soddisfatto dei progressi nel nostro intero portfolio di costruzione e delle solide prestazioni operative. Il nostro obiettivo chiave resta continuare a realizzare il piano aziendale che ci permetterà di mantenere la leadership globale nell’eolico offshore con una presenza robusta in Europa.”
Le azioni di Orsted, ovviamente, si sono impennate di un modesto 1,2% in una mattina tenebrosa per chi sperava che la crescita verde fosse inarrestabile. Nel frattempo, il governo americano si diverte un mondo a lanciare paletti e bloccare licenze, perché niente è più rassicurante di un’amministrazione determinata a soffocare le fonti sostenibili.
Vestas ride (o finge di farlo)
Se Orsted si dimostra in modalità “tragicomica”, la danese Vestas vestita di ottimismo supera alla grande le aspettative degli analisti presentando un utile operativo da 416 milioni di euro nel terzo trimestre. Già, sopra quei miseri 305 milioni che i più pessimisti avevano preventivato senza nemmeno troppa fatica. Risultato? Le azioni di Vestas volano oltre il 14%, e diventano il vanto della borsa paneuropea Stoxx 600, come se avessero appena scoperto il Santo Graal.
Alla domanda su come si stia barcamenando nel mare in tempesta dell’industria eolica, in particolare con le politiche ostili del governo Trump, il CEO Henrik Andersen ha spacciato un mix di pragmatismo e ottimismo da manuale:
Henrik Andersen ha detto:
“Abbiamo una catena di approvvigionamento negli Stati Uniti ben consolidata. Consideriamo gli Stati Uniti un mercato fondamentale, sia per i clienti che per la costruzione delle infrastrutture; è nostra responsabilità supportare il Paese. A volte dobbiamo accettare qualche critica, perché non tutti amano le pale eoliche come paesaggio, ma, in generale, sono l’energia e i costi dell’energia a guidare le decisioni.”
Tradotto: certo, economizzare è la star della festa, e se qualcuno ha qualcosa da ridire sul design delle turbine, pazienza. Intanto, si continua a soffiare forte… o forse è solo il vento dell’ironia politica che non si placa.



