La procura di Milano, con la determinazione che solo gli enti giudiziari sanno mostrare quando decidono di ficcare il naso negli affari di potere, ha convocato nelle ultime settimane l’amministratore delegato di Unicredit, Andrea Orcel.
L’interrogatorio si inserisce nell’ambito di un’inchiesta nata da una querela presentata da Mediobanca, proprio quella stessa banca che nel frattempo si è vista coinvolta a propria volta, con un suo manager passato sotto la lente degli inquirenti.
Orcel è stato ascoltato come persona informata sui fatti a seguito di un’intervista che aveva rilasciato al Financial Times. Nel colloquio, aveva fatto luce su un intricantissimo Accelerated Book Building, ovvero un sistema di collocamento veloce e massiccio, riguardante la vendita da parte del Tesoro del 15% del capitale di Monte dei Paschi di Siena.
Questa quota era stata ceduta tramite Banca Akros e infine acquisita da un considerevole numero di soggetti, con in prima fila Delfin (la holding del gruppo Caltagirone), oltre a Banco BPM e Anima. La vicenda, ovviamente, non è nuova a complicazioni e intrecci che sembrano usciti direttamente da un romanzo di finanza oscura.
Ma le audizioni non finiscono qui, oh no. Più recenti sono quelle di un alto dirigente di Mediobanca, che abbiamo il piacere di sapere si chiama Stefano Vincenzi. Lui, capo del dipartimento affari legali, in teoria dovrebbe illuminare gli inquirenti sulle sottigliezze di questo complicatissimo risiko bancario, la cui trama si districa fra veleni, alleanze temporanee e movimenti da manuale di finanza influenzata dal potere.
Insomma, sotto la superficie elegante della finanza italiana, tra gruppi bancari potenti come Unicredit e Mediobanca, si cela una partita di rischio e strategie che la procura di Milano sta faticosamente cercando di dipanare, con un’attenzione pari a quella di un detective alla ricerca dell’indizio nascosto dietro una montagna di documenti e interviste.